Accordo del Plaza: come si pose fine al superdollaro USA anni '80 | Investire.biz

Accordo del Plaza: come si pose fine al superdollaro USA anni '80

22 set 2021 - 18:30

05 dic 2022 - 17:40

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Il 22 settembre del 1985 i Ministri del Tesoro e i banchieri centrali del G5 si riunirono all'Hotel Plaza di New York per frenare la forza del Dollaro USA. Ecco come andò

L'accordo del Plaza fu un patto a metà degli anni '80 tra i Ministri delle finanze e i banchieri centrali dei Paesi che allora componevano il G5, ovvero Stati Uniti, Giappone, Germania, Regno Unito e Francia, insieme al Canada, con il quale si decise un intervento coordinato sui tassi di cambio per contrastare la forza prorompente del Dollaro americano. L'accordo prende il nome dell'albergo in cui si tenne la riunione, ossia l'Hotel Plaza di New York.

 

Accordo del Plaza: genesi

Nella prima metà degli anni '80 la moneta statunitense aveva effettuato una cavalcata strepitosa guadagnando il 50% sulle principali valute mondiali, quali Yen, Sterlina, Franco francese e Marco tedesco. Tutto questo era figlio della politica restrittiva adottata dal Governatore della  Federal Reserve, Paul Volcker, che nel precedente decennio aveva aumentato i tassi di interesse nel tentativo di combattere la stagflazione negli USA.

Il Governo statunitense era restio a intervenire, in quanto da un lato la politica ultraliberista di Ronald Reagan sarebbe stata in contrasto con qualsiasi tentativo di ostacolare il libero mercato, dall'altro vi era la paura che una politica intenta a svalutare il biglietto verde potesse far riaccendere focolai inflazionistici.

Questo però comportava che i prodotti statunitensi perdevano sempre più competitività sugli equivalenti stranieri, scatenando il malumore dell'industria a stelle e strisce. A manifestare espressamente insofferenza furono quei settori maggiormente colpiti dal superdollaro come ad esempio gli esportatori di grano, i produttori di automobili e le aziende ad alto contenuto tecnologico.

Di fronte alle proteste sempre più accanite, la Casa Bianca non poté rimanere indifferente anche perché nel frattempo il Paese era caduto in una grave recessione e il disavanzo delle partite correnti era arrivato al 3,5% del PIL. Considerando tutto questo, il Governo americano cominciò ad aprire ai negoziati con le principali potenze mondiali al fine di arrestare la corsa del Dollaro.

 

Accordo del Plaza: cosa si decise

Il 22 settembre del 1985 i Ministri del Tesoro James Baker per gli Stati Uniti, Noboru Tkeshita per il Giappone, Gerhard Stoltenberg per la Germania, Pierre Bérégovoy per la Francia, Nigel Lawson per la Gran Bretagna si riunirono insieme ai Governatori delle rispettive Banche Centrali nel famoso albergo di Manhattan. Dopo ore di conciliabolo, presero una decisione congiunta: vendere a mercato quantità enormi di dollari per abbassarne il valore. Si conta che le banche centrali misero sul piatto 10 miliardi di dollari.

La mossa fu di una certa portata storica, perché da quel giorno l'approccio alla stabilità monetaria internazionale cambiò: non più un ruolo autonomo e disordinato degli istituti centrali, ma un lavoro congiunto per raggiungere gli obiettivi sui tassi di cambio.

 

Accordo del Plaza: cosa successe dopo

Dall'annuncio dell'accordo sui mercati finanziari non si scatenò il panico, dal momento che dietro quella decisione vi era il peso specifico di Autorità rappresentative delle principali potenze mondiali. Ciò nonostante, il Dollaro americano perse quota rapidamente nei confronti delle principali monete, soprattutto rispetto allo Yen giapponese che si apprezzo di oltre il 50% nei 2 anni successivi.

Questo tuttavia non risolse il problema del deficit commerciale degli Stati Uniti con il Giappone perché, nonostante i prodotti americani divennero più competitivi, vi erano dei problemi strutturali di altro tenore. In sostanza, il Sol Levante aveva imposto dei vincoli alle importazioni che contrastavano l'accesso di manufatti stranieri nel Paese.

Inoltre, la forza della valuta nipponica rispetto al biglietto verde determinava un problema serio per Tokyo, essendo l'economia giapponese fortemente dipendente dall'export. A quel punto la  Bank of Japan iniziò ad adottare politiche monetarie espansive con lo scopo di attenuare la potenza dello Yen, dando in quel modo origine alla bolla dei prezzi alla fine del decennio.

La lunga e costante discesa del Dollaro comunque richiedeva un altro intervento per stabilizzare il cambio. Fu per questo che il 22 febbraio del 1987 si pose fine a tutto ciò con un nuovo incontro stavolta tra i Ministri delle Finanze e le banche centrali del G7, da cui prese vita quello che fu battezzato come  Accordo del Louvre.

 

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