La Federal Reserve è la Banca Centrale americana ed ha finalità pubbliche ma con alcune caratteristiche di natura privatistica. È un istituto totalmente indipendente da qualunque organo esecutivo e legislativo.
La sua struttura governativa, che ha sede a Washington, è formata dai seguenti organi:
- Board of Governors, costituito da 7 Governatori nominati dal Presidente degli Stati Uniti
- 12 dodici Banche Centrali Federali aventi sede nelle principali città americane
- Federal Open Market Committe, composto da 7 membri del Board nonchè da 4 Presidenti delle Banche Federali
- Banche private
- Consigli consultivi
Le principali funzioni del Board of Governor e delle 12 Banche Federali consistono nella vigilanza sugli intermediari finanziari e nei servizi agli istituti bancari e governativi. Il FOMC si occupa delle operazioni a mercato aperto, decide sui tassi interbancari e soprattutto sul tasso ufficiale di sconto. Le banche private invece sottoscrivono azioni non trasferibili delle Reserve Bank nel territorio in cui sono operative.
Federal Reserve: origini
La Federal Reserve fu fondata il 23 dicembre 1913 a seguito dell'approvazione da parte del Congresso degli Stati Uniti del Federal Reserve Act, con il quale si demandava a una Banca centrale la gestione della politica monetaria del Paese.
Tutto nacque a seguito del panico di Wall Street del 1907 che fece maturare all'interno del Parlamento statunitense l'esigenza di dar vita a un istituto che potesse creare una valuta d'emergenza per reggere le quotazioni e sostenere l'economia, ma soprattutto per prevenire l'insorgere di altre crisi finanziarie.
Il sistema che venne messo in piedi fu quello di una Banca Centrale e di 15 Banche regionali. La sede centrale si trovava a Washington ed era assoggettata al controllo assoluto del Governo. Quest'ultimo nominava il Segretario del Tesoro e il Comptroller of the Currency come membri del Federal Reserve Board. Il primo Presidente della FED fu Charles Hamlin che rimase in carica dal 10 agosto 1914 al 10 agosto 1916.
Federal Reserve: la Grande Depressione del '29
La prima dura prova che la FED dovette affrontare fu lo scoppio della Grande Crisi del '29. L'istituto allora guidato da Roy Archibald Young fece un errore di valutazione, nel senso che non riuscì a determinare l'impatto che la tempesta finanziaria ebbe sull'economia, perseguendo una politica monetaria restrittiva e rifiutandosi di salvare le banche in difficoltà.
La cosa accentuò la depressione e fu allora che si optò per un cambiamento strutturale. Il Federal Reserve Board divenne Board of Governors, con poteri di controllo verso le Banche regionali. Soprattutto il compito di tutta la politica monetaria venne affidato a un nuovo organismo, il Federal Open Market Committee.
Gli accordi di Bretton Woods del 1944 diedero alla FED un ruolo di grande responsabilità. Infatti tutto il sistema monetario da quel momento si basava sul Gold-Exchange Standard. Più precisamente, tutte le valute potevano oscillare entro un range limitato rispetto al Dollaro americano e l'oro veniva agganciato al biglietto verde nella determinazione del prezzo (35 dollari l'oncia). Questo comportava che l'emissione di cartamoneta poteva essere possibile solo se coperta dalle riserve auree. La guerra del Vietnam pose fine all'età dell'oro e a quel punto la politica monetaria della FED venne sganciata dalle riserve auree, con i cambi furono liberi di fluttuare.
Federal Reserve: gli shock petroliferi
Nel 1974 scoppiò lo scandalo Watergate, dove fu portato alla luce che il Governatore della FED Arthur Burns aveva negli anni precedenti adottato una politica monetaria espansiva con il solo scopo di favorire la crescita economica degli USA e con questo di avvantaggiare la rielezione di Richard Nixon alla Casa Bianca.
L'atteggiamento estremamente dovish della Banca Centrale fu pagato a caro prezzo con un'inflazione che volò al 12%, aggravata dal primo shock petrolifero del 1973. Tutto ciò produsse come effetto la riforma dell'istituto con il Federal Reserve Reform Act del 1977 e l'Humphrey–Hawkins Full Employment Act del 1978.
Questi provvedimenti esplicitavano tre punti cardine:
- la FED doveva relazionare con cadenza trimestrale al Congresso quanta moneta metteva preventivamente in circolo per i successivi 12 mesi;
- il Board of Governors doveva scrivere ogni 6 mesi una relazione sulla politica monetaria attuata dalla Banca;
- la FED doveva avere come obiettivi la stabilità dei prezzi e la crescita economica in maniera del tutto indipendenti dalla politica economica governativa.
Da quel momento la Banca guidata da Paul Volcker iniziò una guerra sfrenata contro l'inflazione che, per via del secondo shock petrolifero, avanzava in maniera incontrollata. La politica monetaria estremamente restrittiva portò i tassi d'interesse overnight addirittura alle soglie del 20%, ma l'inflazione fu sconfitta, pur pagando il salasso della recessione.
Federal Reserve: dal crash dell'87 alla bolla Dot-com
Il crash di Wall Street del 1987 riportò l'America a vivere lo stesso incubo del '29, però stavolta il Governatore della FED Alan Greenspan non ripeté lo stesso errore commesso da Roy Archibald Young e fornì al sistema bancario una grande facilitazione monetaria, accompagnata da un costo del denaro molto basso, che aiutarono il sistema a riprendersi ben presto dal trauma.
Alan Greenspan rimase in carica per un ventennio e dovette affrontare anche il periodo difficile della bolla delle Dot-com, causata secondo molti proprio dall'atteggiamento estremamente accomodante della sua politica monetaria.
FED: il Quantitative Easing di Bernanke
La tempesta scatenata dalla crisi dei mutui subprime del 2008 e il fallimento della Lehman Brothers sconvolsero tutto il mondo bancario ed ebbero effetti a livello economico e finanziario su tutto il Pianeta. Gestire quella situazione di estrema emergenza non fu un'operazione facile, in quanto la Federal Reserve si trovò per la prima volta di fronte ai disastri di un colosso bancario considerato fino ad allora troppo grande per fallire.
In realtà, dopo vari tentativi di salvataggio andati a vuoto, si optò per la soluzione più estrema, per quanto inevitabile. La profonda recessione a cui andò incontro il popolo americano fu affrontata dal numero uno della FED, Ben Bernanke, dando luogo al Quantitative Easing. Il modello preso a riferimento fu quello della BoJ adottato per combattere la deflazione nipponica.
Il piano consisteva in un enorme programma di acquisto di titoli pubblici con lo scopo di garantire ampia liquidità al sistema bancario per stimolare i prestiti alle imprese e alle famiglie. La somma messa a disposizione dalla Banca Centrale era di 4.500 miliardi, diluita nell'arco di 6 anni e ripartita in acquisti di titoli federali, mutui immobiliari subprime e sottostanti.
La grande massa monetaria messa in circolo da Bernanke servì comunque per risollevare l'economia e rilanciare l'occupazione. La politica monetaria espansiva ebbe un seguito con la nomina nel 2014 di Janet Yellen, prima donna Presidente della FED e succeduta a Bernanke di cui era stata vice. Però nel 2015, grazie ai buoni dati che arrivavano dall'economia, i tassi d'interesse furono aumentati di un quarto di punto dopo tanti anni in cui erano fermi a 0,25%.
La nuova tendenza di tapering monetario fu seguita anche da Jerome Powell, diventato sedicesimo presidente nel 2018, fino a quando il costo del denaro non raggiunse quota 2,5%. Il 31 luglio del 2019 i tassi tornarono gradualmente a scendere, anche perché il Governatore veniva incalzato frequentemente dal Presidente alla Casa Bianca Donald Trump, il quale temeva che tassi alti rafforzassero il Dollaro e indebolissero l'economia statunitense. L'avvento del Covid-19 e la tremenda crisi economica che ne è conseguita, hanno riportato i tassi FED nell'intervallo 0%-0,25% e così rimarranno almeno per i prossimi 3 anni.