Una delle cose che si è portato dietro il trimestre appena concluso riguarda la reflazione determinata dalle aspettative di ripresa economica. La crescita dei prezzi che viene dopo una grande recessione ha spinto in alto le quotazioni di alcuni titoli, in particolare quelli legati al ciclo economico.
In via del tutto speculare ha penalizzato le azioni che sono ancorate alla crescita attraverso il canale dei rendimenti obbligazionari. La risalita di questi ultimi ha spostato in alto la curva dei tassi e questa non è mai una buona notizia per tutte quelle società che investono nella tecnologia aspettandosi il ritorno reddituale a lunga scadenza.
Oltre questo vi sono altri 3 effetti principali che le attese reflazionistiche hanno determinato sui mercati finanziari nel primo quarto del 2021. Vediamo quali.
Titoli di Stato: svendita dei Treasury USA e dei Gilt britannici
Le minacce reflazionistiche si sono immediatamente riflesse sui titoli di Stato americani, mai così venduti in questo trimestre dal 1980. La stessa cosa non si è vista in altri continenti dove il deflusso del denaro nei bond nazionali è stato in linea con quello dei due anni precedenti.
In questo ovviamente ha contribuito il colossale piano d'investimenti di 1,9 mila miliardi di dollari messo in piedi da Joe Biden, che attende la consacrazione del Congresso, a cui ora si è aggiunto quello di oltre 2 mila miliardi presentato nella giornata di ieri.
La mole di denaro che verrà messo in circolazione porterà a una tendenza rialzista dei tassi e quindi gli investitori trovano poco conveniente puntare su titoli che non daranno una sufficiente copertura in termini di rendimento.
Anche la Gran Bretagna ha conosciuto una vendita massiccia delle proprie obbligazioni pubbliche, come non si vedeva dal 2000. Lo spauracchio della crescita dei prezzi ha fatto propendere la Bank of England verso una maggiore aggressività in tema di tassi, escludendo la possibilità che nel breve Londra veda rendimenti negativi.
Valute: beni rifugio in difficoltà, Sterlina e Dollaro alla ribalta
Il lancio dei vaccini ha creato le premesse per una svolta nell'economia globale, con il ritorno alla normalità. Questo ha fatto venire meno il ricorso verso quelle valute come lo Yen giapponese e il Franco svizzero che proteggono nei momenti di crisi. La moneta nipponica ha subito la più grande vendita dal 2016, mentre la divisa svizzera non è mai calata nelle quotazioni così tanto dal 2014.
Al contrario però l'andamento del Dollaro USA è stato positivo. Il biglietto verde è anche un bene rifugio, ma gli investitori hanno scommesso sul fatto che sarà sempre la valuta di riferimento nello scenario economico globale che risulterà dalla ripresa.
E la Sterlina? Tutti pensavano che con Brexit sarebbe iniziato un lungo calvario per la moneta britannica. Non è successo nulla di tutto questo, sebbene il pound abbia perso alcune posizioni nei confronti del Dollaro USA. Rispetto all'Euro invece l'ha spuntata facilmente, con il cross valutario EUR/GBP che ha conosciuto il peggior trimestre del 2015. La ragione è quasi tautologica: Londra ha messo in piedi un piano di vaccinazione straordinario che ha portato gran parte della popolazione britannica ad essere immunizzata; Bruxelles annaspa nella burocrazia e nell'inefficienza.
Fuori dall'Unione Europea vi è il dramma della Lira turca. La valuta di Ankara soffre le enormi contraddizioni politiche di chi la Governa. Erdogan è stato capace di scioccare i mercati in piena emergenza sostituendo il Governatore della Banca Centrale Turca. Per forza di cose, la Lira ha ripreso la sua via crucis che era stata temporaneamente sospesa quando l'istituto si era orientato verso una politica di stretta sui tassi e contenimento dell'inflazione.
Mercati emergenti: per ora resilienti, ma durerà?
Le preoccupazioni per la crescita dei rendimenti scatenate dalla reflazione hanno spinto i Paesi in via di sviluppo ad emettere una quantità record di titoli pubblici denominati in dollari statunitensi. Questo ha fatto sì che lo spread tra il debito in valuta forte dei mercati emergenti e i Treasury Note aumentasse di soli 7 punti base, rispetto ai 335 del primo trimestre 2020.
Il punto adesso è se questo momento di gloria durerà. Ultimamente qualcosa non sta funzionando nel modo giusto, perché i rendimenti hanno cominciato a salire minacciosamente. E il fatto indubbiamente rimette in discussione la capacità di tali Paesi di resistere nel lungo periodo all'ascesa del costo della vita senza subire un lievitamento degli oneri sul proprio debito.