Spesso coinvolto nelle più misteriose trame finanziarie della Prima e Seconda Repubblica, l'Istituto per le Opere Religiose è comunemente conosciuto come Banca del Vaticano, avente sede proprio nella città del Vaticano, nel torrione Niccolò V. Sono molti gli scandali che hanno tirato in ballo l'istituto ecclesiastico: dal caso Calvi agli intrallazzi di Sindona, fino ad arrivare nei giorni nostri al caso Anemone, passando per Tangentopoli.
Nell'ultimo decennio, la banca vaticana è stata oggetto di una serie di riforme in modo da renderla più trasparente, ripulendola da una scia di sospetti che per decenni si è trascinato dietro. A tal proposito, il 1°ottobre del 2013 il bilancio dell'istituto religioso è stato pubblicato per la prima volta nell'arco della sua storia. Prima di allora, tutti i movimenti bancari erano conosciuti solamente a pochi soggetti, tra cui il Papa, i cardinali che si occupavano della gestione, il Prelato, il Consiglio di Sovrintendenza, il Direttore Generale e il Revisore dei Conti.
La gestione dello IOR è affidata a esperti bancari, sotto la guida di un Presidente, il quale non necessariamente deve essere un religioso. Costui riferisce al Papa in persona e a un Collegio di 6 cardinali che sono nominati dal Papa e restano in carica per 5 anni.
IOR: origini e sviluppi
L'Istituto per le Opere Religiose fu fondato il 27 giugno 1942 da Papa Pio XII, tramite un atto con il quale il neonato istituto assorbiva l'Amministrazione per le Opere di Religione creata l'anno precedente. La nascita dello IOR fu figlia dei Patti Lateranensi del '29 tra lo Stato e la Chiesa Cattolica, grazie ai quali furono riconosciuti a quest'ultima alcuni privilegi. Così, poco tempo dopo l'istituzione della banca, ci fu un atto da parte del Ministero delle Finanze, con il quale gli azionisti dello IOR venivano esentati dal pagamento delle imposte sui dividendi.
Già dai primi anni della sua attività, la banca vaticana si distinse per operazioni speculative sui mercati finanziari e immobiliari, che spesso sollevarono critiche proprio per la natura dell'istituto che si riconduceva a valori etici e morali, i quali mal si conciliavano con la ricerca più ludica del profitto.
Nel 1969 Papa Paolo VI si rivolse a Michele Sindona per chiedergli una consulenza al fine poter rendere lo IOR più al passo con i tempi e per affrontare le sfide dei mercati finanziari. L'istituto religioso deteneva una corposa partecipazione nella Banca Privata Finanziaria del banchiere di Patti e successivamente le vendette gran parte della quota detenuta nella Società Generale Immobiliare.
Tra lo IOR e Sindona si stabilì un legame granitico, soprattutto quando al vertice della banca vaticana arrivò il controverso arcivescovo Paul Marcinkus. Poco dopo il suo insediamento, Marcinkus fece vendere il 37% del pacchetto azionario che lo IOR possedeva sulla Banca Cattolica del Veneto al Banco Ambrosiano di Roberto Calvi. Questo provocò il disappunto da parte di alcuni vescovi che avevano i conti aperti presso la Banca Cattolica, per il fatto di non essere stati messi al corrente dell'operazione.
I rapporti con il Banco Ambrosiano, di cui lo IOR fu il maggiore azionista dal 1946 al 1971, furono sempre avvolti da una coltre di mistero, al punto che nel 1978 la Banca d'Italia (link) rilevò una contabilità occulta, dopo un'ispezione presso l'istituto di Calvi. Nei conti neri furono scoperte delle società estere dietro cui vi era proprio lo stesso IOR.
Quando avvenne il crac del Banco Ambrosiano, le indagini della magistratura portarono a galla giri di denaro per oltre 2.000 miliardi di lire che dalle casse della banca veneta transitavano presso una serie di società fantasma, con sede in paradisi fiscali come Lussemburgo, Panama e Lichetenstein, e che facevano capo a Monsignor Marcinkus e alla banca religiosa che gestiva.
Nel 1987 Marcinkus fu colpito da un mandato di cattura emesso dal Tribunale di Milano per gravi responsabilità nella vicenda del crac del Banco Ambrosiano. Il provvedimento fu esteso anche agli altri vertici dello IOR: Luigi Mennini e Pellegrino de Strobel. L'atto della magistratura però cadde nel vuoto, in quanto Marcinkus aveva il passaporto diplomatico vaticano e per gli altri due non fu concessa l'estradizione dalla Città del Vaticano.
La Cassazione successivamente annullò l'atto in quanto, per l'art.11 dei Patti Lateranensi, i rappresentanti della Chiesa Cattolica erano coperti da ogni responsabilità penale. La cosa generò indignazione popolare, ancor più che una Commissione d'Inchiesta interna al Vaticano per indagare sul modus operandi della banca non giunse a una condanna giuridica dello IOR, pur ammettendo un comportamento poco etico. Ad ogni modo, lo IOR versò nel 1984 oltre 400 milioni di dollari come risarcimento alle banche creditrici del Banco Ambrosiano.
In quegli anni, l'Istituto per le Opere Religiose fu molto presente dal punto di vista politico. Infatti, in base ad alcuni riscontri, le sue attività economiche borderline sarebbero servite per finanziare tutte quelle organizzazioni politiche extraparlamentari che combattevano strenuamente il comunismo a livello mondiale. Il potere di Paul Marcinkus terminò nel 1989, quando cedette il posto all'economista nonché professore di Economia Politica presso l'Università Cattolica di Milano, Angelo Caloia. Costui rimase alla guida dello IOR per circa 20 anni.
IOR: gli anni '90 e Tangentopoli
All'inizio degli anni '90 scoppiò il caso Tangentopoli, dove il pool "Mani Pulite" della Procura di Milano scoprì una fitta rete di tangenti che coinvolgevano i palazzi della politica e l'alta imprenditoria italiana. Lo IOR fu implicato nello scandalo Enimont, dove avrebbe falsificato parecchi documenti che attestavano un transito dalla banca di 108 miliardi di dollari, che servivano per pagare le tangenti.
Inoltre, le carte accertavano una serie di conti segreti di alcune alte sfere della politica che dovevano rimanere nascosti. Il processo però non portò ad alcuna condanna da parte dei prelati e dirigenti dello IOR, sempre in virtù dell'immunità che era garantita dai Patti Lateranensi.
IOR: il caso Anemone
Nel 2010 un'inchiesta sugli appalti del G8 a La Maddalena, Comune della provincia di Sassari, portò alla luce che l'ex Presidente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, Angelo Balducci, implicato nella vicenda e arrestato per corruzione, teneva un conto presso lo IOR, che adoperava per ripagare un debito di 380 mila euro per l'acquisto di una villa diventata sede di una loggia massonica.
Nei suoi traffici, Balducci agiva in tandem con l'imprenditore Diego Anemone, il quale pagava fior di tangenti a personaggi politici per delle speculazioni immobiliari. Le centinaia di milioni di euro che circolavano allora sarebbero passati attraverso la Banca del Vaticano. Questi fondi neri venivano custoditi da don Evaldo Biasini, economo della Congregazione dei Missionari del Preziosissimo Sangue.
IOR: le operazioni di riciclaggio
Nello stesso anno, la procura di Roma aprì un'indagine sui rapporti sospetti tra lo IOR e alcuni istituti di credito italiani di spessore, tra cui spiccavano UniCredit (link) e Intesa Sanpaolo (link). I magistrati accertarono che l'istituto religioso versava sistematicamente, senza alcuna comunicazione e in barba alle norme antiriciclaggio, assegni dei propri clienti presso una filiale della Banca di Roma, che poi si integrò nel gruppo UniCredit.
Il sospetto degli inquirenti fu che queste operazioni venivano svolte per conto di soggetti che avevano la residenza fiscale in Italia, con l'intento di coprire reati come truffa ed evasione fiscale. Tuttavia, l'inchiesta si impantanò di fronte ai difetti di competenza, in quanto per indagare sullo IOR serviva una rogatoria internazionale.
Ad ogni modo queste vicende, che testimoniavano palesi infrazioni della normativa antiriciclaggio, spinsero il Vaticano verso la fine del 2010 a introdurre delle leggi specifiche volte alla lotta al riciclaggio di denaro sporco, in applicazione alla Convenzione Monetaria firmata con l'Unione Europea esattamente un anno prima.
Tale Convenzione, entrata in vigore il 1°gennaio 2010, definiva l'obbligo da parte del Vaticano di allinearsi a tutte le normative europee che riguardavano la trasparenza sulle operazioni finanziarie, per combattere reati come riciclaggio di denaro, frode e falsificazione delle banconote. Contestualmente Papa Benedetto XVI istituiva l'Autorità di informazione finanziaria che si occupava della vigilanza e dell'informazione finanziaria per prevenire e contrastare il riciclaggio.
IOR: le ultime riforme
L'arrivo al pontificio di Papa Francesco contribuì a dare un'immagine più trasparente all'istituto bancario ecclesiastico attraverso una serie di riforme come l'istituzione della Pontificia Commissione Referente sull'Istituto per le Opere di Religione del 24 giugno 2013. La Commissione aveva il compito di armonizzare le attività dello IOR con quella che era la missione universale della Sede Apostolica.
Pochi mesi più tardi, esattamente il 1°ottobre, l'Istituto per le Opere Religiose pubblicò il suo primo bilancio della storia. Evento questo che fece molto scalpore, in quanto levava finalmente quell'aura di sospetto intorno all'operato dell'ente bancario. Il Santo Padre nel giugno del 2014 comunicò la chiusura di ben 1.600 conti a persone che non avevano alcun diritto, ribadendo che la possibilità di detenere un conto aperto presso lo IOR deve essere appannaggio di vescovi, diocesi, dipendenti del Vaticano e ambasciate.
A gennaio del 2015 Papa Francesco emise l'atto di modifica dello statuto dello IOR con il quale veniva incrementato il numero di membri della Commissione Cardinalizia di Vigilanza e del Consiglio di Sovrintendenza da 5 a 6, che diventarono 7 poi il 15 dicembre del 2016.