La Federal Reserve è responsabile dell'inflazione statunitense. È questo in sintesi il concetto espresso da un tweet di
Michael Burry, in cui descrive gli effetti delle mosse della Banca Centrale americana sull'economia. Il grande investitore, divenuto famoso per aver previsto la
crisi dei mutui subprime del 2008, ha scritto che l'aumento della velocità di circolazione della moneta e il calo contemporaneo della massa monetaria M2 potrebbero essere un segnale che anticipa un'inflazione maggiore nei prossimi mesi.
Burry non è l'unico personaggio di rilievo a essersi espresso contro la politica monetaria della Fed negli ultimi tempi.
Il numero uno di Tesla Elon Musk, ad esempio, ha postato un tweet in cui invita l'istituto centrale dovrebbe ad abbassare i tassi d'interesse dello 0,25% per evitare la deflazione.
Il fondatore e gestore di ARK Invest, Cathie Wood, ha lanciato lo stesso allarme: è in arrivo una deflazione innescata dall'atteggiamento aggressivo dell'autorità monetaria.
L'istituto guidato da
Jerome Powell ha intensificato la sua azione per tentare di arrestare la crescita dei prezzi, riducendo il suo bilancio federale da 9.000 miliardi e soprattutto attuando una
sfilza di rialzi dei tassi d'interesse. Nell'ultima riunione abbiamo assistito al terzo aumento consecutivo del costo del denaro dello 0,75% e l'annuncio di altre strette di questa consistenza in arrivo. Tutto ciò si è reputato inevitabile alla luce di un'inflazione che ad agosto è scesa meno delle stime attestandosi all'8,3%.
Fed: ecco come sta creando inflazione per Burry
L'analisi di Burry si fonda sul fatto che la velocità di circolazione della moneta (velocity), che esprime il rapporto tra il PIL nominale e l'offerta M2, stia salendo. Questo significa che la riduzione di moneta procede con maggiore rapidità del raffreddamento del PIL. Il fondatore di Scion Asset Management reputa che, quando questo accade, ovvero quando la velocity cresce, in concomitanza con l'aumento dei tassi, si determina un aumento dell'inflazione.
Così accadde sul finire degli anni '70, quando la frequenza con cui il denaro si è mosso attraverso l'economia ha superato il calo dell'offerta di moneta. "Una riduzione sarebbe scioccante" ha scritto Burry.
Al riguardo, è stato proprio Powell che in conferenza stampa dell'ultimo meeting ha parlato di quegli anni e della necessità di
non ripetere l'errore che si fece allora di temporeggiare troppo. All'epoca fu la nomina di
Paul Volcker a capo della Fed che cambiò la situazione, poiché da allora si attuò una serie di rialzi del costo del denaro fino a raggiungere un livello del 20%, determinando in questo modo una pesante recessione. Questa durò un paio di anni, ma nel contempo si decretò la sconfitta dell'inflazione e si crearono le condizioni per la rinascita dell'economia americana.
Il personaggio di riferimento del film "The Big Short" spiega anche come l'aumento dell'offerta dei titoli di Stato per effetto del
quantitative tightening della Fed stia facendo alzare i rendimenti su tutta la curva, "nonostante tutti i discorsi sulla deflazione attesa".
I rendimenti dei titoli di Stato USA a 10 anni hanno varcato la soglia del 4% per la prima volta dal 2010, accingendosi verso il più grande aumento mensile dal 2003.