Il calo dell'indice S&P 500 dai massimi si sta avvicinando alla soglia critica del 20%, oltre cui il mercato di norma si configura come ribassista. Gli investitori quindi sono preoccupati perché storicamente si sono avute situazioni davvero poco edificanti. Dal dopoguerra, su 12 mercati ribassisti, 9 hanno perso almeno il 25%, ma ci sono state 3 situazioni terrificanti. La prima fa riferimento al 1973, quando scoppiò il
primo shock petrolifero; la seconda riguarda il 2000, anno dell'esplosione della
bolla dot-com; la terza concerne il 2007, vigilia della Grande Crisi che portò al
fallimento della Lehman Brothers.
In tutte e 3 gli eventi l'S&P 500 è sprofondato in media del 51,4% prima di toccare il fondo e ci sono voluti 258 giorni per il raggiungimento del valore minimo. Negli altri casi, in media il calo è stato del 31%. Martin Roberge, analista di Canaccord Genuity, osserva come molti investitori stiano attenendo proprio che il principale indice americano giunga a una perdita di circa il 30% dai massimi per entrare a mercato. E comunque l'esperto ritiene che sia molto difficile che oggi si arrivi a perdite di oltre il 50%, anche perché i tassi a breve e a lungo termine sono molto più bassi rispetto a quegli anni. Tuttavia, questo non è uno scenario che ha zero probabilità che si verifichi.
Wall Street: il rally di sollievo
In queste situazioni spesso si determina un "rally di sollievo", che dura poco e si verifica dopo che il mercato è sceso del 20%. Solitamente si avrà una tregua di 2 mesi, ma poi il quadro torna nuovamente in peggioramento.
Nella situazione attuale Roberge quindi ritiene che un eventuale rally potrebbe durare fino all'inizio della stagione degli utili relativa al secondo trimestre. Questo darebbe modo agli investitori di
liquidare a prezzi più decenti alcune delle loro partecipazioni in attesa di una nuova ondata di vendite. Non sempre ovviamente si determina un rally di sollievo. In 2 occasioni l'inversione è stata duratura, ossia dopo
il grande crollo di Wall Street del 1987 e a seguito dello shock pandemico della primavera del 2000.
Wall Street: altri 2 fattori preoccupanti
A tenere in apprensione gli investitori, sono anche altri 2 indizi poco incoraggianti. Il primo riguarda le valutazioni delle azioni. Prima di questa svendita i multipli dei titoli a Wall Street erano alti, dopo il sell-off sono rimasti tali. L'S&P 500 infatti è scambiato a 18 volte gli utili attesi, mentre nei mercati ribassisti passati in media era negoziato a 12 volte. Questo comporterebbe che, anche se i guadagni potenziali nei prossimi mesi dovessero rimanere stabili, ci potrebbe essere un crollo di un altro 30% prima che si raggiunga un equilibrio.
Il secondo indizio concerne la politica monetaria della Federal Reserve. La Banca Centrale USA aumenterà i tassi d'interesse diverse volte da qui alla fine dell'anno, nonostante il mercato azionario si accinga a un ribasso del 20% dai massimi. Durante i mercati ribassisti passati, la Fed ha alzato il costo del denaro solo nel marzo del 1974 ed è stato un disastro. Da quel momento, infatti, l'S&P 500 perse il 22% e non toccò il fondo fino a 6 mesi dopo. Alla fine arrivò a perdere dai massimi il 48% di capitalizzazione.