L'indice S&P 500 è diventato molto più economico rispetto all'inizio dell'anno. Una volta caduto nel territorio di correzione di oltre il 10% dal suo valore massimo, il principale benchmark di Wall Street è negoziato a circa 18 volte gli utili attesi per il 2022, quando invece nei primi giorni di gennaio scambiava a 21 volte. Nel frattempo sono successe diverse cose che hanno fatto abbassare le quotazioni.
Il primo fattore scatenante è stata l'inflazione costantemente in crescita, che ha spinto la Federal Reserve a cambiare radicalmente atteggiamento nella sua politica monetaria, non più accomodante ma divenuta estremamente rigorosa. Le aspettative di rialzo dei tassi d'interesse hanno avuto un riflesso potente sui rendimenti dei titoli di Stato americani, che sono arrivati a un certo punto a oltre il 2% sulle scadenze a 10 anni.
Questo è stato un siluro micidiale per le azioni che hanno rapidamente perso quota, soprattutto quelle tecnologiche che avevano guidato i rialzi durante tutto il periodo di tassi a zero. Gennaio è stato un mese disastroso per la Borsa americana, con un numero esiguo di settori a salvarsi dalla furia ribassista del mercato. Tra i pochi sopravvissuti vi sono stati i titoli finanziari, beneficiari di rendimenti più alti che hanno aiutato ad accrescere il margine d'intermediazione delle banche.
Quando sembrava che si stesse profilando un certo assestamento è scoppiata la guerra Russia-Ucraina il 24 febbraio, che ha tramortito le azioni su larga scala, penalizzando quei titoli come quelli bancari che avevano tratto maggiore giovamento fino a quel momento. Ad avvantaggiarsene stavolta sono state le azioni energetiche, per via dell'impennata dei prezzi delle materie prime come gas e petrolio.
Wall Street: le azioni potrebbero non essere ancora economiche
Adesso la risposta che cercano gli investitori è se Wall Street sia pronta a ripartire, grazie a prezzi molto più convenienti rispetto a un paio di mesi fa. In verità esiste qualche rischio. Osservando l'indicatore della volatilità, il VIX, si può notare che nell'ultimo mese si è mantenuto a una media appena sotto 30, ben al di sopra della media di 20 di inizio anno. Secondo Morgan Stanley, quando le azioni sono più volatili, gli investitori richiedono un premio per il rischio azionario più elevato rispetto ai T-Note a 10 anni.
Dai calcoli della banca d'affari, attualmente tale premio dovrebbe essere del 4,5%, mentre esso si assesta al 3,6%. Se ci fosse un avvicinamento verso i 4,5 punti percentuali, il multiplo dei guadagni scenderebbe al di sotto di 16. Questo significa che le azioni perderebbero terreno, con l'indice S&P 500 che scivolerebbe a 3.664 punti, circa il 12% in meno rispetto al valore che aveva quando Morgan Stanley ha preso i dati.
In buona sostanza, è probabile che gli operatori di mercato richiedano un premio per le azioni più elevato, considerando i numerosi rischi che attualmente vi sono a livello geopolitico e non solo. Chiaramente ciò non vuol dire che con estrema certezza ci saranno vendite nei prossimi giorni, ma è un indizio questo che non potrà essere trascurato.