Nella settimana appena conclusa abbiamo assistito ad una decisa volatilità, che probabilmente aumenterà sulle voci di guerra tra Russia-Ucraina. Personalmente credo non accadrà nulla: Putin sta alzando la posta per ottenere ciò che vuole, mentre l'Europa e la NATO temono le azioni minacciate dal leader russo.
Se dovesse iniziare una guerra, il mercato azionario sarà il primo ad essere colpito in maniera immediata e pesante, con crolli a due cifre su tutti i principali listini di Borsa. In questa eventualità, l'errore sarà quello di vendere al meglio in preda all'emotività.
Spesso, ad ogni conflitto corrisponde successivamente un deciso rialzo delle azioni: è quindi fondamentale tenere i nervi saldi, magari accumulando sui crolli. Ad oggi, da inizio anno tutti i mercati maturi perdono dal 3% al 7%.
Materie prime: investitori guardano ai beni rifugio
L'indice CRB delle materie prime continua la sua corsa dirigendosi verso i 265 punti, con oro e petrolio Brent che si dimostrano particolarmente forti chiudendo la settimana a 1.860 dollari e 95 dollari. Le motivazioni di questi rialzi sono da attribuirsi sia ai fenomeni inflattivi in corso da molti mesi e ai fondati timori delle tensioni geopolitiche.
Storicamente i mercati si dirigono verso ciò che ritengono un bene rifugio. Oltre a questo, il dato USA sull'indice dei prezzi al consumo di gennaio non è stato gradito ai mercati: un'inflazione ai massimi da 40 anni (al 7,5%) mostra l'urgenza di un intervento della Fed forse prima di marzo.
Mercato obbligazionario: il focus resta sulle mosse della Fed
Nella settimana appena conclusa anche il mercato obbligazionario ha avuto movimenti decisi attribuibile al dato sull'inflazione USA. I risparmiatori potrebbero trarre sollievo dal fatto che prestare denaro oggi rende circa il 2% sui decennali USA e BTp italiani, quando solo pochi mesi fa nel Vecchio Continente i soldi potevano solo essere parcheggiati in banca a rendimento zero.
Questo fenomeno ha due lati: il primo e riferito al rendimento dei titoli di Stato che, anche se sensibilmente aumentato rispetto allo scorso anno, è molto inferiore ad una inflazione ipotizzata al 5-7%: ciò implica una perdita in termini reali dei soldi prestati.
Oltre a questo, la cura alle tensioni inflazionistiche, riferita ad un rialzo immediato e sostenuto dei tassi da parte delle Banche centrali, potrebbe essere peggiore dell'incremento del dato stesso. La Fed deve essere cauta per evitare un errore, che avrebbe la possibilità di soffocare il ciclo economico causando stagflazione.
Forex: Dollaro USA pronto al rafforzamento con aumento tensioni Russia-Ucraina
Le quotazioni di EUR/USD hanno chiuso la settimana a 1,135, in sensibile rafforzamento rispetto alla settimana precedente. Il movimento del cambio potrebbe essere determinato dai due fattori attivi da inizio anno: il prossimo intervento di Powell sui tassi, che storicamente favorisce la forza del dollaro e le paure dei mercati che nei momenti di tensione si rivolgono al biglietto verde in cerca di pace. Se la situazione sul teatro di guerra non si dovesse risolvere, il biglietto verde continuerà a rafforzarsi.
Franco Bandelli - www.finanzairriverente.com