Nella settimana appena conclusa si è assistito ad un'alta volatilità con continui capovolgimenti di direzione. I numeri dicono che in Europa sia il FTSE Mib che l'EuroStoxx 50 lasciano in campo un paio di punti percentuali, mentre l'S&P 500 è riuscito a chiudere in territorio positivo.
Diversi i temi che influenzano i mercati azionari, in primis per via delle dichiarazioni di Jerome Powell, Presidente della Fed. Quanto detto dal numero uno dell'istituto centrale statunitense non è stato apprezzato dai mercati, che esigono chiarezza.
L'altro elemento tenuto sott'occhio è stato quello relativo alle tensioni tra Russia e Ucraina. Si spera in una de-escalation, ma in mancanza di una chiara definizione della vicenda le Borse proseguiranno erratiche e volatili.
Materie prime: indice CRB si rafforza ancora
Il mercato delle materie prime continua la sua corsa: l’indice CRB cresce e chiude a 252 punti, con un nuovo rialzo del petrolio Brent che si ferma a 89 dollari al barile, mentre segnalo un ritracciamento dell’oro che chiude a 1.790 dollari l’oncia. La tanto temuta inflazione si è palesata. Le ragioni di questo robusto rialzo delle merci sono ben note e potrebbero essere causate un mix di svariati fattori che agiscono insieme.
Da un lato il ciclo economico dopo lo shock pandemico ha mostrato segni di ripresa generando una sana inflazione da domanda per via di un incremento dei consumi e degli investimenti, ma anche la crescita dei prezzi causato dai costi ha giocato il suo ruolo con il cortocircuito della catena per l’approvvigionamento delle commodity.
Se aggiungiamo fattori speculativi sempre presenti, abbiamo la fotografia della situazione attuale. Presto vedremo se e come le Banche centrali agiranno e quali strumenti useranno per evitare un surriscaldamento della economia.
Mercato obbligazionario: l'inflazione penalizza i rendimenti reali
Nella settimana appena trascorsa, il mercato obbligazionario è stato in particolare fermento a causa del meeting della Fed. I rendimenti restano ancora bassi per i risparmiatori avversi al rischio: il T-Note a 10 anni USA rende l'1,8%, mentre il BTp decennale sfiora l'1,35%. Questi livelli di yield così bassi si confrontano con l'inflazione, che negli Stati Uniti è pari al 7%, mentre in Europa al 4%. Su queste basi, perché prestare denaro allo Stato sapendo che a scadenza l’investimento sarà negativo in termini reali?
Le mie attese sono per un riallineamento dei parametri che potrebbero portare ad una flessione dell'indice dei prezzi al consumo o ad una crescita dei tassi da parte degli istituti centrali: molto probabilmente si giungerà ad un mix delle due ipotesi.
Mercato valutario: dollaro forte per tutto il 2022?
Il cambio EUR/USD chiude la settimana a 1,115, con un rafforzamento del dollaro ceh sconta i futuri interventi della Fed. Come sappiamo con un aumento dei tassi USA gli investitori vengono premiati da un investimento sul debito americano rispetto a quello di altri mercati.
Ciò significa che si vendono euro contro dollari, aumentando di conseguenza la domanda di questi ultimi. Personalmente credo che il biglietto verde rimarrà forte per tutto il 2022, con un indebolimento possibile solo in caso di interruzione degli interventi sui tassi di interesse.
Franco Bandelli - www.finanzairriverente.com