Il dollaro sta effettivamente riprendendo fiato come avevamo previsto nell’articolo " EUR/USD, è ora di prendere fiato", pubblicato a fine gennaio, anche se ora questo fiato rischia di essere un po' troppo. Dopo le parole di Powell il biglietto verde ha accelerato arrivando a testare supporti critici soprattutto per le ambizioni dell’euro. Tra poco vedremo quali sono questi supporti e cosa non dovrà succedere per rivedere un biglietto verde più forte.
Nella sua audizione al Senato americano il Presidente della Federal Reserve è tornato a vestire i panni del falco prevedendo nuove manovre sui tassi di interessi qualora necessario e se l’inflazione non mostrerà segnali di raffreddamento più evidente: il mercato del lavoro sembra essere l’anello più critico della catena. Troppo forte con un serio rischio di trasmissione a valle degli aumenti salariali che impedirebbe al fuoco dell’inflazione di spegnersi.
Se la parola fine ai rialzi nel 2023 era già stata archiviata, quello che ha disturbato i mercati è stata l’eventualità di cambiare il passo di questi rialzi. Al prossimo meeting si potrebbe infatti ritornare ai 50 punti base di aumento, un evento che farebbe alzare l’asticella del probabile tasso terminale di questo ciclo al 5,75%/6%. Il fallimento delle due banche americane, Silvergate e Silicon Valley Bank, sembra per il momento però scongiurare una mossa così aggressiva in un momento delicato.
Ormai accantonata l’ipotesi di ribasso dei tassi nel 2024, i mercati sono ovviamente rimasti delusi vendendo azioni e comprando dollari con una inversione della curva dei rendimenti ancora più accentuata.
Nell’articolo di gennaio avevo scritto: “dopo un rialzo superiore al 10% dai minimi di settembre, il cambio potrebbe (e dovrebbe) prendere un po' di fiato per ricaricare le pile in vista di un nuovo assalto alle resistenze”.
EUR/USD: focus su 1,05
Una politica monetaria così aggressiva da parte della FED unita ai propositi di recessione economica, alle tensioni con la Cina su Taiwan e ad un’Europa che vede nuovamente allontanarsi i tassi americani in termini di differenziale tassi, hanno prodotto una debacle di EUR/USD molto rapida, quasi sorprendente.
Come da previsioni, la correzione che si è sviluppata in questi primi giorni di marzo ha riportato il cambio a ridosso della media mobile a 100 giorni di 1,055. Un’ipotetica (per ora) figura di testa e spalla ribassista si sta palesando all’orizzonte, ma solo una violazione dei supporti sopra citati formalizzerebbe quello che a tutti gli effetti sarebbe un movimento contemplato da pochi trader e investitori fino a qualche giorno fa.
Vedere il dollaro scendere sotto a 1,05 contro euro non solo avrebbe come effetto un immediato rally ribassista con obiettivo la parità, ma anche un cambio di umore sui mercati che significherebbe ricerca del "flight to quality" in condizioni di volatilità particolarmente elevata. I recenti fallimenti sono un sintomo di insofferenza evidente da parte di alcune corporate americane del settore finanziario.
La stessa ripresa dei listini mondiali verrebbe messa in discussione con una situazione che potrebbe anche segnalare le difficoltà della politica monetaria di contenere un fenomeno dimenticato da decenni. Indizi che già si intravedono in altre parti del globo in modo più o meno evidente.