Le notizie che arrivano dalle valute est europee sono molto positive. Zloty polacco, fiorino ungherese e corona ceca hanno vissuto la prima parte del 2023 all’insegna di un rafforzamento che ha diverse motivazioni.
Il primo motivo è sicuramente il combinato politica monetaria (e quindi rendimenti offerti dalle obbligazioni locali) e inflazione. Seppur in contrazione, i prezzi al consumo rimangono alti e come confermato dalla banca centrale ungherese questo richiede il mantenimento di un livello di guardia alto. E di conseguenza l’appeal sulla valuta rimane sostenuto grazie ad un differenziale tassi favorevole.
La seconda considerazione è di natura congiunturale. I dati PMI (quelli che misurano il sentiment dei direttori degli acquisti) sono in costate ascesa e sopra i 50 punti confermando come il venir meno della speculazione sul prezzo del gas ha ringalluzzito le divise e le economie dell’Est Europa.
La terza annotazione è di natura geopolitica. Sicuramente paesi vicini al nemico russo, ma la contropartita è la necessità per l’Europa (e la NATO) di tenere buoni rapporti con gli alleati dell’Europa dell’Est anche con finanziamenti mirati e preventivi.
Valute Est Europa spinte da carry trade e da dati macro
La corona ceca ha raggiunto così il livello più altro contro euro degli ultimi 30 anni, con l'EUR/CZK sceso sotto i minimi del 2007. L’economia è sicuramente in recessione ma gli indici anticipatori stanno fornendo segnali di risveglio incoraggianti.
La Polonia sta vedendo una riduzione progressiva dell’inflazione core (ora al 12%) ma con una banca centrale che non si è ancora detta pronta per agire con un taglio dei tassi.
Infine l’Ungheria, con i tassi di interesse più alti e inflazione sopra al 20%, ma con dati economici PMI a sorpresa in miglioramento a febbraio. La conferma che attendeva il mercato; nonostante le pressioni di Orban la banca centrale potrà ancora mantenere sostenuti i tassi di interesse garantendo interessanti ritorni ai suoi investitori. L’inflazione è prevista infatti in singola cifra solo nell’ultimo trimestre del 2023.
Proprio EUR/HUF sta dando tecnicamente i segnali di risveglio più incoraggianti. Dal picco di ottobre quando venne toccata quota 425, la discesa è stata dirompente con area 365 (zona di transito della media mobile a 200 settimane) sempre più vicina.
Un segnale netto arrivato dal mercato e che ora si troverà di fronte i massimi del 2020 e del 2021 come principali zone di supporto. Una discesa sotto questi livelli aprirebbe le porte a scenario fino a poco tempo insperati. Stesso discorso vale anche per EUR/PLN.
Qui il mercato sta aggredendo la up trend line che sale dal 2020 ed un break di 4,67 proietterebbe EUR/PLN fino a 4,55/4,48 50% e 61,8% di ritracciamento di tutto il movimento 4,22-5,00.
Due valute dell’Est Europa sulle quali le scommesse degli investitori si stanno facendo corpose grazie ad un combinato di carry trade e progressivo miglioramento delle condizioni economiche che allontanerebbe l’ipotesi di un taglio nel costo del denaro.
Se la situazione geopolitica non dovesse degenerare sul fronte ucraino e l’inflazione non dovesse invertire la tendenza di un lento ma graduale rientro, soprattutto il fiorino ungherese appare in pole position per ulteriori recuperi visto il sell off di cui era stato vittima nel 2022. Chi è già investito può stare alla finestra attendendo segnali di price action di inversione che ancora non si vedono all’orizzonte.