La guerra Russia-Ucraina cambierà l'Europa per sempre. Quanto è successo dopo lo scoppio del conflitto ha inciso un mutamento profondo nel modo di essere e di agire all'interno dei 27 Stati. Il Vecchio Continente aveva mostrato una certa unità nella reazione allo shock pandemico, prendendo decisioni difficili e pianificando l'economia futura sganciata nel lungo termine dai combustibili fossili e verso un approccio completamente green.
L'invasione dell'Ucraina ha rimodulato i programmi, accelerando il processo di smarcamento dalla Russia, da cui l'Europa importa oltre il 40% di gas naturale per il suo fabbisogno. Il Parlamento Europeo ha votato per l'embargo a tutte le fonti energetiche provenienti da Mosca, aprendo la strada a una diversificazione delle forniture e a una maggiore attenzione verso GNL ed energie green. Questo però al massimo riuscirebbe a ridurre la dipendenza da Mosca di 2/3 quest'anno, ma occorrerebbe aspettare fino al 2027 prima di poter dichiarare la fine assoluta della subordinazione al gas di Putin, ha dichiarato la Presidente della Commissione Europea, Ursula Von del Leyen.
Se mai si inizia però mai si arriva. E qualche sacrificio probabilmente la popolazione e l'economia europea dovranno sopportarlo durante la fase di passaggio. Con ogni probabilità bisognerà ricorrere al razionamento energetico, che non solo creerà disagi alle famiglie, ma metterà in difficoltà la produzione industriale, con conseguenti danni alla crescita.
A peggiorare la situazione sarà l'aumento della spesa militare, diventata una priorità in quanto questa guerra assurda, che si prevede non sia di breve durata, ha alterato i rapporti di forza a livello geopolitico. La Germania aumenterà gli investimenti nella difesa fino a oltre il 2% del PIL quest'anno e altre Nazioni come Italia, Olanda, Svezia, Norvegia e Polonia seguiranno a ruota. Queste spese non verranno eliminate anche se si dovesse trovare una soluzione pacifica al conflitto in essere nell'Est Europa.
Europa: 5 azioni su cui puntare
Gli investitori hanno delle opportunità in questo contesto non esattamente a colori. In particolare nel settore energetico, cogliendo gli sforzi che l'Europa sta facendo per diversificare le fonti di approvvigionamento. Ad esempio Shell e TotalEnergies sono assolutamente sul pezzo, orientandosi in particolare verso le energie rinnovabili, pur non scombussolando per ora il loro business su gas e petrolio.
La Germania in particolare è forse il Paese che in Europa più si sta adoperando per allontanarsi dalla dipendenza russa, anche perché è quella più coinvolta direttamente tra le maggiori potenze, importando la metà del gas naturale e un terzo del petrolio di cui ha bisogno da Mosca. Berlino al riguardo ha già attivato il piano di emergenza precoce per il razionamento energetico, da quando il Premier russo Vladimir Putin ha stabilito che le forniture energetiche dovranno essere regolate in rubli.
In questa situazione vi è il più grande fornitore di energia del Paese, RWE, che potrebbe essere un beneficiario chiave. L'analista di BofA, Peter Bisztyga, ritiene che il prezzo delle azioni possa salire di oltre il 30% a 55 euro dai livelli attuali a 41,64 euro. Ne conviene Piotr Dzieciolowski, analista di Citi, che vede il titolo RWE a 45 euro. A suo giudizio, l'azienda sfrutterà nel breve l'aumento dei prezzi dell'energia mercantile e nel lungo termine l'accelerazione alle rinnovabili e la capacità di fornire sicurezza dell'approvvigionamento.
La crescita della spesa militare soprattutto in Germania potrebbe agevolare il gruppo di difesa tedesco Hensoldt, che secondo JP Morgan ha la leadership nell'elettronica per la difesa e la sicurezza. Le azioni quest'anno sono già più che raddoppiate, ma vengono ancora scambiate a 17 volte i profitti stimati, sotto il 20% rispetto alla media del settore.
Sempre nel settore della difesa, da segnalare anche la società aerospaziale francese Thales, che è ancora più economica, viaggiando le azioni a 16 volte gli utili attesi. Secondo Chloe Lemarie, analista di Jefferies, l'azienda è destinata a crescere grazie alle sue attività di difesa e alla ripresa dell'aerospazio civile, spinte dall'aumento della spesa militare del Governo francese.