Il contesto di politica monetaria sta rapidamente cambiando. Dopo le misure ultra-espansive messe in atto dalle principali Banche centrali per arginare gli effetti economici della pandemia di Covid-19, la ripresa economica e, soprattutto, quella dell'inflazione stanno creando pressioni per l'avvio di una politica monetaria più restrittiva.
Nel corso di questa settimana, la Bank of England ha alzato i tassi di interesse portandoli dallo 0,10% allo 0,25%, mentre la Fed potrebbe incrementare il costo del denaro per 3 volte nel prossimo anno, mentre la BCE mantiene un atteggiamento più accomodante anche se dal prossimo marzo il programma PEPP verrà concluso.
Il quadro di normalizzazione monetaria è sicuramente positivo per certi titoli, come quelli del comparto finanziario, ma non lo è sicuramente per il comparto delle utilities.
Utilities: ecco perché un aumento dei tassi non è una buona notizia
Le azioni delle utility sono fortemente legate alle politiche monetarie. Questo tipo di aziende si fonda su dividendi stabili e un modello di business prevedibile. Queste compagnie vengono interpretate come sicure dagli investitori.
In un contesto di tassi bassi, i rendimenti delle obbligazioni tendono a scendere e, di conseguenza, gli operatori guardano con più interesse al comparto azionario capace di offrire, con qualche rischio in più, dei rendimenti da dividendo più interessanti. Al contrario, l'ipotesi di un costo del denaro più elevato renderà più interessanti gli yield dei bond, considerati di norma più sicuri.
Il secondo motivo per cui i tassi d’interesse influenzano queste aziende è l'aumento dei costi di prestito. Per poter essere profittevoli, le utilities hanno sempre bisogno di indebitarsi molto per investire ingenti somme di denaro per la costruzione di centrali elettriche, per esempio, o per la manutenzione delle varie altre infrastrutture. Fino ad ora le aziende in questione hanno beneficiato di tassi a buon mercato, ma un aumento porterebbe ad un costo di remunerazione dei debiti più alto e, di conseguenza, minori profitti.
Una soluzione che queste industrie possono optare è quella di trasferire i loro costi ai clienti, anche se non è così semplice. Infatti, le utilities spesso fanno fatica a trasferire i costi sui cittadini che usufruiscono dei loro servizi a causa delle forti regolamentazioni dei prezzi da parte degli Stati. In questo contesto si trova A2A, che opera nel settore delll’energia, delle reti e delle tecnologie per le città intelligenti. Il titolo in Borsa presenta una struttura grafica interessante, vediamo perché.
A2A: analisi tecnica e strategie operative
Le azioni A2A presentano una struttura discendente di breve periodo. A marzo 2020, i prezzi hanno dato vita ad un deciso rialzo che li ha riportati sui massimi da settembre 2018. Se si osserva il chart settimanale, si noterà che i corsi hanno dato origine ad un modello di doppio massimo asimmetrico in zona 1,95 euro, confermato proprio in questa ottava con la convalida della rottura della neckline identificata a 1,75 euro.
Il sentiment degli investitori sembra ora essere cambiato. Un obiettivo della figura di inversione menzionata prima sarebbe identificabile intorno a 1,54 euro. Oltre a questo, una conferma del vantaggio dei venditori è arrivata già a settembre 2021, quando i corsi sono risuciti a violare la linea di tendenza ottenuta collegando i minimi di ottobre 2020 e marzo 2021.
In generale, molto dipenderà da cosa faranno le quotazioni a ridosso del fondamentale supporto di area 1,65 euro. Una sua rottura verrebbe interpretata come un nuovo segnale in favore dei venditori. Se ciò dovesse accadere, un livello interessante per tornare a cercare delle strategie di matrice long di lungo periodo si troverebbe intorno alla soglia psicologica di 1,40 euro. Nel breve periodo invece, si potrebbero valutare strategie di matrice short da 1,65 euro, con stop loss a 1,70 euro e obiettivo a 1,58 euro.