Anche se la situazione generale sui mercati è destinata a confermarsi difficile ancora per parecchio tempo, nelle ultime settimane sono arrivati alcuni segnali incoraggianti che ci permettono di guardare ai prossimi mesi con un pizzico di ottimismo in più.
Al momento in Europa la crisi energetica sembrerebbe sotto controllo, l’economia globale naviga in acque difficili ma si temeva di peggio, in Cina le autorità forse hanno capito che la politica zero-Covid non è inutile e dannosa per l’economia e la situazione in Ucraina sembrerebbe registrare qualche timido miglioramento.
Infine c’è il fattore che ha spinto gli acquisti nelle ultime settimane e che, potrebbe, ma lo sapremo solo dopo il meeting della Federal Reserve del 14 dicembre, rafforzare il trend in atto: un rallentamento dell’inflazione statunitense.
“Un piccolo calo -ha commentato Benjamin Melman, Global Chief Investment Officer di Edmond de Rothschild Asset Management- non rappresenta un segnale direzionale, ma è rassicurante che il rallentamento dell'inflazione sia stato osservato nei beni e servizi in generale e non solo in componenti isolate”. Un fattore che rallenta la discesa dei prezzi è rappresentato dalle retribuzioni. “L'inflazione farà fatica a scendere sotto il 4% se i salari continueranno a crescere di circa il 5%”.
Neutrali sulle azioni, esposizione in aumento sui bond degli emergenti
Per quanto riguarda l’allocazione settoriale, Melman rileva che a partire da settembre l’esposizione all’azionario è gradualmente aumentata in direzione di una posizione neutrale. “Di fronte alla situazione odierna, ci atteniamo ancora a questa posizione, pur rimanendo tattici. I mercati azionari hanno già registrato un forte rally, ma una recessione è ancora possibile. L'economia globale continua a rallentare e i margini delle società continuano a contrarsi. Questo ci lascia una scarsa visibilità sui mercati azionari, che però potrebbero continuare a salire fino alla fine dell'anno, soprattutto in caso di ulteriori segnali di disinflazione”.
Nel caso in cui l'inflazione statunitense avesse già raggiunto il picco, il dollaro finirebbe per stabilizzarsi in quanto il differenziale dei tassi d'interesse tra gli Stati Uniti e il resto del mondo si ridurrebbe.
Per il CIO di Edmond de Rothschild AM, forse è “giunto il momento di aumentare l'esposizione al debito dei Paesi emergenti, un segmento che trarrebbe vantaggio dal pivot della Fed, dalla stabilizzazione del dollaro e dall’allentamento della politica zero-Covid della Cina”. “Stiamo anche aumentando la duration del portafoglio con i Treasury statunitensi e il debito corporate investment grade, mentre rimaniamo piuttosto cauti sulla duration europea. I mercati si aspettano già che la banca centrale aumenti i tassi un po' più del 2,75%, ma l'elevata inflazione in Europa e la scarsa visibilità sulla politica della Bce ci suggeriscono di procedere con maggiore cautela”.