Le dichiarazioni del Governatore della
Federal Reserve,
Jerome Powell, a Jackson Hole sono state letali anche per le obbligazioni dei mercati emergenti. Dopo un incremento di circa 7 punti percentuali nel mese e mezzo che ha preceduto questo evento, l'ETF iShares JP Morgan Emerging Markets USD Bond a partire dal
26 agosto ha invertito la rotta (come del resto anche tutti i mercati azionari e obbligazionari).
Le politiche monetarie della Fed finiscono per influenzare il contesto globale anche quando sono divergenti rispetto a quelle delle Banche centrali dei Paesi emergenti.
La
People's Bank of China attualmente sta cercando di spingere l'economia cinese, con un focus particolare al settore immobiliare, con misure di stimolo. Mentre da altre parti
misure in senso restrittivo sono arrivate in largo anticipo rispetto all'istituto americano.
Ad esempio in Brasile i tassi sono stati aumentati per ben sette volte da marzo 2021, portando il costo del denaro al 13,75%. In Messico negli ultimi 14 mesi i tassi d'interesse sono saliti dal 4% all'8,5%. La Federal Reserve invece ha iniziato a stringere solo a partire da marzo di quest'anno, quando è arrivato il primo rialzo di 25 punti base.
Obbligazioni mercati emergenti: 2 ragioni per investire
I gestori patrimoniali stanno valutando con attenzione l'evolversi della situazione a livello internazionale e in questo momento sono molto cauti nei confronti del debito dei mercati emergenti. A frenare gli investitori vi è una pluralità di fattori che vanno dall'incombente recessione negli Stati Uniti (almeno quella reale, perché tecnicamente il Paese è già in recessione) alla crisi energetica europea, all'incertezza sulla situazione economica cinese. Tutti elementi, questi, che contribuiscono a rendere il mercato volatile e rischioso.
Tuttavia, le obbligazioni dei Paesi emergenti hanno dalla loro almeno un paio di aspetti che potrebbero attirare gli operatori. Il primo consiste nella differenza di rendimento dei titoli rispetto alle obbligazioni di molti Paesi sviluppati. Questo favorisce le operazioni di carry trade, dove si prende in prestito denaro espresso in valute a basso interesse per impiegarlo in assets denominati in valute più redditizie come appunto quelle dei Paesi emergenti.
Il secondo aspetto concerne una
maggiore generosità da parte del Fondo Monetario Internazionale, più propenso a coprire i vuoti finanziari nei pagamenti e ad ammorbidire le ristrutturazioni degli Stati più poveri. Attualmente l'istituto sovranazionale ha messo a disposizione ben 650 miliardi di dollari al servizio dei Paesi che versano in difficoltà finanziarie e questo mostra un atteggiamento molto più proattivo rispetto a qualche anno fa.
Obbligazioni mercati emergenti: dove investono i gestori
A questo punto, l'obiettivo di un investitore è quello di cercare le opportunità per rendere interessante il proprio investimento. Alejo Czerwonko, Chief Investment Officer per i mercati emergenti presso UBS ha una preferenza per le obbligazioni societarie emesse dai produttori di petrolio e gas, in modo da sfruttare il momento di grazia degli operatori nel settore dell'energia. Carlos De Sousa di Vontobel invece predilige i titoli di Stato di Brasile e Colombia, dove i tassi d'interesse sono arrivati al 9% e il peso prima di Jackson Hole aveva intrapreso un rally del 10%.
Daniel Wood, porfolio manager di William Blair punta i debiti di Stati in difficoltà come l'Egitto e il Ghana, le cui quotazioni dei titoli si sono dimezzate rispetto al valore nominale. Christine Phillpotts, gestore di portafoglio dei mercati emergenti di AllianceBernstein, segnala i titoli del Vietnam, che quest'anno hanno perso circa il 30% del loro valore.