"La Russia e l'Arabia Saudita sanno quello che devono fare e ho fiducia che lo faranno.Stanno trattando e faranno qualcosa. Se non saranno in grado di risolvere la disputa io so cosa fare. Ma penso che faranno un accordo". Parole del Presidente americano Donald Trump che hanno spinto al rialzo i prezzi dell'oro nero. L'inquilino della Casa Bianca ha inoltre dichiarato che nei prossimi giorni incontrerà i top manager delle principali compagnie petrolifere USA, evidentemente in crisi a fronte degli attuali corsi del greggio.
l prezzi del petrolio sono così rimbalzati sui mercati asiatici dopo le parole del Presidente americano, con il Brent che ha visto i corsi salire del 6% sopra quota 26 dollari al barile e il Future sul WTI in rialzo del 4,6% a 21,2 dollari, in rialzo del 4,6%.
Petrolio: oltre a Trump la spinta asiatica
Il recupero odierno è favorito anche dalle indiscrezioni provenienti dall'Asia secondo cui la Cina ha intenzione di incrementare le proprie riserve strategiche di greggio, approfittando anche delle sue basse quotazioni.
Fonti Reuters sostengono che i flussi nel maxi-oleodotto Druzhba diminuiranno ad aprile a causa dei tagli delle raffinerie clienti stanno tagliando le lavorazioni del 20-30%.
Il crollo dei prezzi e della domanda ha messo in gravi difficoltà i produttori degli Stati Uniti, in primis quelli dello shale oil. Persino l’Arabia Saudita starebbe faticando a piazzare il suo greggio, anche se continua a fare sfoggio di potenza. Giusto ieri la produzione saudita ha raggiunto il record di 12 milioni di barili. Questo nonostante il contesto tutt’altro che favorevole in termini di domanda di greggio, dato dal blocco dell’attività economica dovuto alla crisi coronavirus.