La transizione energetica è un fenomeno che ormai non può essere più ignorato. Per questo analisti e investitori di tutto il Mondo si stanno concentrando su quali forme di energia pulita potranno prendere il sopravvento nei prossimi anni. Tra di esse vi è senz'altro l'energia nucleare che, a differenza di quella eolica e solare, ha basse emissioni di CO2 non a intermittenza.
L'impegno delle grandi superpotenze mondiali giocherà un ruolo decisivo. La Cina aumenterà la produzione di energia nucleare dagli attuali 50 GW a 70 GW entro il 2025, abbandonando definitivamente la combustione di carbone. Gli Stati Uniti faranno lo stesso e imporranno alle società energetiche di includere il nucleare negli standard di energia pulita in modo da annullare completamente le emissioni inquinanti entro il 2035.
Anche negli Stati più piccoli qualcosa si muove in tale direzione. Persino il Medio Oriente, epicentro dell'estrazione dei combustibili fossili, si sta attivando nel settore del nucleare, come dimostra la prima centrale che è stata avviata questa settimana negli Emirati Arabi Uniti.
Nel complesso, secondo Morgan Stanley, nel 2021 vi sarà un incremento di 8 GW della capacità di energia nucleare e da qui ai prossimi 5 anni il tasso di crescita annuo sarà circa dell'1,7%.
Energia nucleare: salgono le quotazioni dell'uranio
Una materia prima che già oggi sta traendo un grande vantaggio dalla transizione energetica è l'uranio, combustibile dell'energia nucleare. Nel 2021 l'indice Solactive che replica le azioni delle società specializzate nell'estrazione dell'uranio è cresciuto del 35%, al massimo degli ultimi 6 anni. I prezzi della materia prima invece sono aumentati dell'11% da inizio marzo e oggi quotano circa 31 dollari la libbra.
Tutto questo grazie al fatto che molte imprese si sono rifornite di uranio quest'anno, come ad esempio l'azienda canadese Denison Mines, che ha investito ben 74 milioni di dollari per approvvigionarsi di 2,5 milioni di libbre. Nel complesso la domanda ha toccato la cifra di 11 milioni di libbre.
L'aumento dal lato della domanda si è incastrato con la diminuzione dal lato dell'offerta, per via del Coronavirus, determinando una spinta rialzista sui prezzi. Il secondo produttore mondiale Cameco, ad esempio, ha dovuto sospendere la produzione nella sua miniera di Cigar Lake e, per rifornire i clienti, ha dovuto acquistare essa stessa l'uranio sul mercato.
Uranio: cosa aspettarsi per il futuro?
Lo squilibrio tra la domanda e l'offerta causa Covid-19 e la transizione energetica in atto non sono comunque stati sufficienti a far arrivare il prezzo dell'uranio verso vette conosciute in tempi più remoti, come i 137 dollari nel 2007. Molti speravano che nel 2015 l'arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca avrebbe riacceso l'interesse verso il nucleare, ma l'effetto in realtà si è rivelato esiguo.
Evidentemente il disastro di Fukushima in Giappone l'11 marzo del 2011 inflisse un duro colpo a tutta l'industria, che non riuscì più a riprendersi del tutto. Il Sol Levante da allora cercò di uscire gradualmente dalla politica del nucleare, sebbene i prezzi oggi dell'uranio sono a un livello superiore rispetto ad allora.
A questo punto, cosa dovremmo aspettarci? A giudizio di Robert Crayfourd, Portfolio Manager di CQS Natural Resources Growth and Income, le aziende elettriche rientreranno quest'anno per garantire la fornitura di uranio e il mercato troverà un equilibrio nel prezzo.
Secondo Andre Liebenberg, Amministratore Delegato di Yellow Cake, società quotata che detiene scorte fisiche di uranio, nonostante quello che è successo la resistenza al nucleare è molto più debole di quanto si sia manifestata in passato.
Gli analisti di RBC sono più cauti e avvertono che una ripresa dei prezzi dell'uranio sarà graduale e nel lungo termine, mentre le azioni legate alla materia prima quotano a livelli maggiori rispetto ai fondamentali.