Con l’inizio della guerra commerciale tra USA e Cina si è iniziato a parlare con sempre più frequenza delle cosiddette terre rare. Questi minerali derivano il loro nome dal fatto che sono stati estratti pochissimi per la prima volta alla fine del diciottesimo secolo, venendo quindi considerati rari.
Sebbene con il passare del tempo si è scoperto che alcuni di questi elementi non sono così scarsi come suggerito dal nome, rimane difficile trovare miniere sfruttabili dal punto di vista economico, la loro estrazione è inoltre estremamente complicata. Da sottolineare come la domanda di terre rare è esplosa a metà degli anni 60 con l’entrata nel mercato delle prime televisioni a colori. Il gruppo delle terre rare è composto da 17 elementi:
- cerio,
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- disprosio,
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- erbio,
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- europio,
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- gadolinio,
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- itterbio,
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- ittrio,
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- lantanio,
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- lutezio
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- neodimio,
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- olmio,
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- praseodimio,
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- promezio,
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- samario,
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- scandio,
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- tallio,
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- terbio.
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Terre rare: a cosa servono
Ma a cosa servono le terre rare? In un contesto in cui la tecnologia si sta diffondendo sempre di più questi minerali sono fondamentali per il loro utilizzo nel settore dell’elettronica, dove vengono utilizzati per produrre, ad esempio, semiconduttori, magneti, fibre ottiche laser, schermi di telefonini e televisioni, cd e carte di credito. Non solo.
L’applicazione di questi materiali è particolarmente vasta anche nel campo delle energie rinnovabili, dove vengono impiegati nel settore eolico per trasformare il movimento delle pale eoliche in elettricità e in parte anche per i pannelli solari e per le auto elettriche. Questi materiali hanno un ruolo importante anche per quello che riguarda il settore della difesa.
In questo caso vengono impiegate ad esempio per i visori notturni, per i telemetri laser, sistemi di guida e telecomunicazioni, lampe fluorescenti e al fosforo, amplificatori in fibra ottica per la trasmissione di dati, magneti permanenti stabili ad alte temperature, armi di alta precisione e nelle tecnologie di produzione del “rumore bianco”.
Terre rare: dove si trovano
Il primo produttore al mondo di terre rare è la Cina, che nel 2020 ha prodotto 140.000 tonnellate metriche di terre rare all’anno. Al secondo posto ci sono gli Stati Uniti, la cui produzione nel 2020 è stata di 38.000 tonnellate metriche. All’ultimo gradino del podio il Myanmar, con un’estrazione di 30.000 tonnellate metriche nello scorso anno. Seguono Australia, Madagascar, India, Russia, Thailandia, Vietnam e Brasile, che nel 2020 hanno prodotto terre rare per rispettivamente 17.000, 8.000, 3.000, 2.700, 2.000 e 1.000 tonnellate metriche. Il Dragone è inoltre il primo raffinatore al mondo di questi materiali: questo implica il fatto che parte dei materiali estratto ad esempio negli USA deve essere inviato nel colosso asiatico per venire processato.
Terre rare: i problemi ambientali
Estrarre le terre rare crea problemi di natura ambientale piuttosto rilevanti. Le problematiche di questo processo sono principalmente collocate nelle prime due fasi di estrazione: la prima riguarda la rimozione del terriccio, il trasporto negli stagni di lisciviazione e l’aggiunta di agenti chimici per separare i metalli. Questi ultimi elementi possono creare inquinamento all’aria e alle falde acquifere.
La seconda parte del procedimento è relativa alla perforazione nel terreno, inserendo tubi in PVC e di gomma per pompare agenti chimici per sciacquare le terre rare. Le problematiche sono le stesse di quelle della prima fase, con la differenza che molti materiali rimangono all’interno delle miniere. I siti di estrazione abbandonati creano ulteriori problemi, con gli agenti chimici che continuano a venire assorbiti nelle falde acquifere.