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Nel primo trimestre l’utile netto di Aramco è crollato del 25%
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Amin Nasser, CEO di Aramco “Per il resto del 2020 l'impatto della pandemia peserà sui nostri guadagni"
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Anche il Covid ha favoriti il crollo dei prezzi del petrolio nel primo trimestre
La parabola di Saudi Aramco, almeno in quest’ultima fase, è paradigmatica di quanto sta accadendo al petrolio. L’ultimo esempio è arrivato proprio sulla scia dell’ultima trimestrale.
I risultati di Aramco
Numeri alla mano, l’utile netto del primo trimestre di Aramco la principale industria petrolifera al mondo con sede in Arabia Saudita è crollato del 25%, ovvero $ 16,64 miliardi invece dei precedenti 83,29 miliardi registrati nello stesso periodo dell’anno scorso. Un risultato che si è dimostrato ben al di sotto anche delle attese degli analisti che speravano in un profitto di $ 17,8 miliardi.
Le previsioni del CEO
Difficili anche per prospettive per i prossimi mesi. Infatti Amin Nasser, CEO di Aramco ha dichiarato che "Guardando al resto del 2020, prevediamo che l'impatto della pandemia di COVID-19 sulla domanda globale di energia e sui prezzi del petrolio peserà sui nostri guadagni". Come è ovvio pensare, la causa primaria della discesa verticale è stata la caduta libera dei prezzi del petrolio. Un risultato che, a sua volta, è frutto di quella che da più parti è stata definita come la tempesta perfetta.
La tempesta perfetta sul petrolio
Infatti se da un lato il barile ha sempre avuto una molteplicità di variabili nel complesso gioco della determinazione dei prezzi, dall’altra, adesso, il mosaico si è arricchito di un’altra tessera, quella del Covid-19. E di tutte le conseguenze che la pandemia ha riportato sul tessuto economico e produttivo. Un mix pericoloso che aveva portato i rappresentanti dell’Opec, l’organizzazione mondiale dei paesi esportatori di petrolio, a chiedere l'alleanza anche di altri membri esterni. Nasceva l’Opec+ che vedeva la collaborazione, tra gli altri, anche della Russia.
Opec+ contro il calo delle quotazioni
Una sorta di Lega del petrolio che si era formata con la speranza di mettere un freno alla caduta libera e di contrastare l’iperproduzione statunitense che aveva inondato, letteralmente, il mercato. Da qui la scelta, non senza tentennamenti proprio da parte di Mosca, di una serie di tagli. L’ultimo, partito già dal primo maggio (ufficialmente, anche se molte nazioni avevano già adottato misure simili ben prima della scadenza) di 9,7 milioni di barili, deciso dopo che il Brent era sceso del 65% nel primo trimestre, anche a causa delle conseguenze del coronavirus.