Con l'avanzata della crisi energetica, il petrolio è al centro delle discussioni dei principali organismi internazionali. Domani potrebbe arrivare una notizia non molto positiva per i consumatori: nella riunione che si terrà a Vienna
l'OPEC+ ( OPEC: nascita, storia e sviluppo del cartello del petrolio) annuncerà un taglio dell'offerta che potrebbe arrivare ad 1 milione di barili al giorno. Questo potrebbe far riportare le quotazioni del greggio nuovamente verso i livelli toccati nella prima parte dell'anno.
Un altro tema rovente riguarda il
tetto al prezzo del petrolio russo, approvato il mese scorso dal G7, che è in via di attuazione. Restando al di sotto del limite che sarà fissato, la misura consentirebbe alle compagnie energetiche occidentali di lavorare con controparti russe senza timori di embargo. Tutto questo in vista anche delle riunioni annuali del Fondo Monetario Internazionale (
qui un profilo dell'istituto con sede a Washington) e della Banca Mondiale (
Banca Mondiale: cosa è, cosa fa, storia, origini e obiettivi) della prossima settimana, nelle quali si discuterà della questione.
Ancora non è stato concordato quale sarà il livello al quale verrà imposto il limite di prezzo, anche se si parla di una soglia al di sopra del costo di produzione sostenuto dalle compagnie russe, in modo da limitare i loro guadagni senza il rischio di riduzione delle forniture.
Petrolio: ecco i vantaggi di un price cap per i mercati emergenti
Quale sarà l'effetto di un provvedimento di questa portata? Sull'efficacia della misura ancora vi sono molte perplessità, anche e soprattutto in rapporto al limite di prezzo che si reputa più idoneo per sortire l'effetto sperato. Uno studio del Tesoro USA ha stimato che il price cap produrrebbe ben 160 miliardi di dollari di risparmi annuali per i 50 maggiori mercati emergenti. Tuttavia, non ha specificato per quale livello di prezzo, ma si è limitato a segnalare che "i Paesi hanno un incentivo significativo a beneficiare del price cap, compresi gli acquirenti come la Cina e l'India", e che "tutti i mercati emergenti importatori netti di petrolio beneficerebbero di prezzi del petrolio più bassi".
Il Tesoro americano ha aggiunto che l'Europa e l'Asia centrale risultano essere le più dipendenti dalle importazioni di greggio, che costituiscono il 4,7% del PIL, pari a 55 miliardi di dollari. Mentre in 16 mercati emergenti, tra cui Mali, Turchia, El Salvador e Thailandia, l'import netto di petrolio supera il 5% del loro prodotto interno lordo. "Il price cap stabilizzerebbe i prezzi mondiali dell'energia e da questo punto di vista noi come Stati Uniti ne beneficiamo, ma siamo un esportatore netto di energia. L'impatto è di gran lunga maggiore in base a qualsiasi ipotesi ragionevole per i mercati emergenti, che sono martellati in questo momento ", ha detto un funzionario del Tesoro.
Price cap petrolio: decisivo l'apporto di Cina, India e Turchia
Il principale obiettivo degli Stati Uniti è che un tetto ai prezzi del petrolio venga stabilito da parte di altre Nazioni che in questo momento si sono defilate. La mission quindi è di convincere Cina, India e Turchia, che rappresentano una componente importante della domanda, a cambiare sponda. Finora, infatti, questi tre Paesi da soli sono riusciti a compensare il calo delle spedizioni della Russia verso l'Europa.
In questo contesto, l'Agenzia Internazionale per l'Energia, ha sollevato il rischio che un previsto calo della produzione di petrolio russo, una volta entrato a pieno regime l'embargo dell'UE, faccia salire i prezzi dell'energia senza un limite di prezzo. Per questa ragione, non vi è più molto tempo da perdere.