Il petrolio crolla per il secondo giorno consecutivo: il WTI scende sotto i 70 dollari al barile, mentre il Brent quota a poco oltre i 73 dollari. Prezzi, questi, che non si vedevano da marzo, quando sono iniziate le turbolenze bancarie. Proprio quanto sta accadendo negli Stati Uniti, con il fallimento della First Republic Bank, probabilmente sta spingendo al ribasso le quotazioni del greggio.
A queste si uniscono le preoccupazioni sul mercato del lavoro americano. La perdita di occupati del mese scorso ha alimentato le aspettative dell'arrivo di una recessione e i dati di questo venerdì potrebbero essere cruciali. Le attese sono per la creazione ad aprile di 179 mila nuovi posti di lavoro, ben al di sotto dei 236 mila prodotti a marzo.
Qualsiasi dato in questa direzione probabilmente rafforzerà
prospettive recessive per l'economia, contestualmente a una politica monetaria della
Federal Reserve che ancora per un po' potrebbe mostrarsi restrittiva. Al riguardo, il prezzo del petrolio in discesa sconta anche il fatto che stasera la Banca centrale americana alzerà ancora i tassi d'interesse di un quarto di punto, in un clima poco sereno per il mercato.
Petrolio: Cina e OPEC+ non bastano a sostenere i prezzi
Gli investitori dunque temono un calo della domanda del combustibile a causa dei venti contrari provenienti dall'economia. Questo sentiment risulta essere più forte rispetto ad altri elementi che viceversa dovrebbero sostenere le quotazioni dell'oro nero. Uno ad esempio riguarda la ripresa economica della Cina, con la riapertura delle attività post-Covid. Pechino è uno dei principali compratori di greggio a livello mondiale, quindi contribuisce in maniera determinante alla domanda complessiva.
Un altro fattore allude alla decisione a sorpresa dell'OPEC+ di tagliare le forniture di petrolio per tentare di stabilizzare i mercati.
La presa dei venditori allo scoperto ha avuto la meglio, secondo Ole Sloth Hansen, responsabile della strategia sulle materie prime di Saxo Bank. "La Fed dovrebbe alzare ancora una volta i tassi oggi e ciò continua a pesare sulle prospettive della domanda", ha affermato.
Nel frattempo, nonostante la promessa fatta da Mosca di tagliare l'offerta di 500 mila barili giornalieri, i flussi di petrolio russo in uscita dal Paese si mantengono elevati. Secondo i dati di tracciamento delle petroliere, le esportazioni sono arrivate fino a oltre 4 milioni di barili a giorno nell'ultima settimana, dato che si è visto solo una volta da quando è scoppiata la guerra Russia-Ucraina.
Oggi pomeriggio arriveranno i dati sulle scorte di petrolio dagli Stati Uniti, che potranno fornire alcune indicazioni importanti sull'andamento dei fondamentali. Le attese sono per una riduzione del livello delle giacenze di 1,1 milioni di barili.