La decisione dell' OPEC+ (
qui un profilo del cartello con sede a Vienna) di
tagliare l'offerta di petrolio di 2 milioni di barili al giorno rischia di scatenare una burrasca. Quanto è risultato dalla riunione di Vienna non fa dormire sonni tranquilli ai Paesi importatori di greggio, alle prese con una drammatica crisi energetica. Le quotazioni dell'oro nero infatti si sono impennate e si avvicinano prepotentemente alla soglia psicologica di 100 dollari al barile. Il cartello dei principali produttori mondiali ha fatto una scelta di campo molto netta, sebbene poi effettivamente il taglio reale è inferiore rispetto a quello annunciato perché Paesi come la Nigeria già producono al di sotto della loro capacità.
Il terrore per gli estrattori del Golfo è che il prezzo del petrolio possa crollare per effetto della recessione, come è avvenuto durante la grande crisi del 2008 (
Lehman Brothers: il più grande fallimento bancario della storia), allorché le quotazioni precipitarono fino a 30 dollari al barile. "Dobbiamo prevenire un crollo del mercato petrolifero a causa del rallentamento", ha dichiarato Suhail Al Mazrouei, Ministro dell'Energia degli Emirati Arabi Uniti. Mentre il numero uno di Saudi Aramco, il principe Abdulaziz bin Salman, ha affermato che l'OPEC+ non dovrà ripetere gli stessi errori delle Banche centrali, che non hanno reagito rapidamente al fenomeno inflazionistico.
OPEC: le conseguenze del taglio dell'offerta di petrolio
Sicuramente la scelta dell'organizzazione avrà delle implicazioni molto forti nei mercati petroliferi, ma soprattutto a livello geopolitico. Probabilmente i Paesi arabi si sono infuriati allorché gli Stati Uniti hanno cominciato a rilasciare quantità importanti di greggio dalle proprie scorte strategiche per contenere il rally dei prezzi. Di conseguenza, hanno reagito troncando l'output, in modo da mantenere un livello di quotazioni tale da rendere conveniente per le proprie imprese energetiche continuare a trivellare.
Questa mossa andrà sicuramente di traverso a Washington, che nutriva speranze di un appoggio dell'Arabia Saudita, dopo l'incontro nelle settimane passate tra
Joe Biden e bin Salman, nella risoluzione della crisi energetica che sta investendo soprattutto l'Europa.
In questo modo invece verrà fatto il gioco della Russia, che potrà tenere alti i prezzi del petrolio trovando le risorse necessarie per finanziare la sanguinosa guerra con l'Ucraina.
Da questo momento, quindi, le future relazioni tra Stati Uniti e Arabia Saudita, mai idilliache per la verità, probabilmente subiranno un cambiamento profondo. La Casa Bianca ha rilasciato una dichiarazione: "Alla luce dell'azione di oggi, l'amministrazione Biden si consulterà anche con il Congresso su ulteriori strumenti e autorità per ridurre il controllo dell'OPEC sui prezzi dell'energia". Quali saranno tali strumenti ancora non è chiaro, ma è possibile che si farà ancora più ricorso alle scorte di Stato. Ad ogni modo, una reazione molto dura è attesa per le prossime settimane.
Petrolio: le opinioni degli analisti sulla mossa dell'OPEC+
L'allarme suona ora per i consumatori di petrolio con l'arrivo della stagione invernale e la carenza delle risorse energetiche. Secondo Damien Courvalin, responsabile della ricerca energetica di Goldman Sachs, il consumo di greggio crescerà più del solito nella stagione fredda in quanto la carenza globale di gas ha spinto la domanda verso quest'altro combustibile. "Il consumo di petrolio si è dimostrato resiliente finora, nonostante le preoccupazioni economiche", ha detto.
A giudizio di Rebecca Babin, senior energy trader di CIBC Private Wealth Management, la decisione dell'OPEC+ avrebbe dovuto essere un evento per ridurre la volatilità e aggiungere supporto al mercato, invece il risultato potrebbe essere quello di trasferire maggiore incertezza.
Stephen Brennock, analista senior di PVM Oil Associates a Londra, ha scritto in una nota di ricerca che "la missione dell'OPEC è quella di garantire un ambiente di prezzi adeguato sia per i consumatori che per i produttori. Eppure la decisione di ridurre la produzione nell'ambiente attuale è in contrasto con questo obiettivo". L'esperto mette in luce come l'azione dei produttori sia una "mossa egoistica", che non tiene conto della "stabilità in un momento di grande incertezza per il mercato petrolifero".