I prezzi del petrolio hanno smorzato la corsa negli ultimi giorni dopo essersi avvicinati minacciosamente verso quota 100 dollari, ma si mantengono sempre abbondantemente sopra quota 90 dollari. Le tensioni su un possibile conflitto tra Russia e Ucraina non sono tramontate del tutto, sebbene Vladmir Putin abbia disposto la ritirata delle truppe dal confine.
Dagli Stati Uniti arrivano segnali di poca fiducia che realmente Mosca abbia rinunciato alle sue velleità belliche, considerando la mossa del Cremlino come facente parte di una precisa strategia che non promette nulla di buono. I rapporti tra la Russia e l'Occidente quindi continuano a essere tutt'altro che distesi e ciò si riflette nelle quotazioni del greggio che difficilmente invertiranno la rotta rialzista.
Petrolio: 2 segnali indicano quotazioni a 100 dollari
Un segnale importante arriva dal prezzo del Dated Brent che nella giornata di ieri ha raggiunto i 100,80 dollari al barile per la prima volta dal 2014. Il Dated Brent si riferisce ai carichi fisici di greggio acquistati e venduti nel Mare del Nord e i prezzi spesso vengono presi a riferimento per misurare il valore dei derivati della materia prima, stabilendo una base rispetto alla quale milioni di barili al giorno vengono scambiati.
A differenza dei futures, il Dated Brent quindi riflette un prezzo del petrolio più immediato e l'aumento di valore dimostra come i commercianti siano disposti a pagare di più per assicurarsi barili da consegnare poi alle raffinerie, la cui domanda a sua volta continua a crescere in maniera considerevole.
Un altro segnale significativo arriva dalla curva a termine del mercato dei futures. Il divario tra le quotazioni a breve e quelle a 6 mesi si è allargato fino a raggiungere 8,74 dollari al barile, come mai è successo dal 2007. Questo vuol dire che vi è una corsa sfrenata per accaparrarsi le forniture a breve, riflettendo un'urgenza che non si vedeva da tempo.
Petrolio: e se le quotazioni arrivassero a 150 dollari?
A determinare questa situazione non è solamente la questione Russia-Ucraina, avvalorata da una crisi energetica che sta colpendo al cuore le economie di gran parte dei Paesi a livello mondiale. Vi è anche il comportamento da parte dei membri che fanno parte dell'OPEC+ che non riescono a garantire un'offerta adeguata rispetto alla domanda. Le decisioni prese nelle ultime riunioni di pompare 400 mila barili a giorno in più non è stata osservata da diversi componenti del cartello e questo genera le solite faide interne che determinano tensioni nel mercato.
Alcuni analisti come RBC mettono in gioco la possibilità che nel corso del 2022 i prezzi dell'oro nero arrivino persino a 150 dollari al barile, che sarebbe il massimo di sempre, superando i 147 dollari del 2008. Gli esperti fanno un parallelo proprio con quanto successe quell'anno, quando il prezzo della benzina in USA superò i 4 dollari al gallone, corrispondenti a circa 5 dollari attuali considerando l'inflazione.
Il punto è che gli Stati Uniti rifiuterebbero totalmente uno scenario dove la benzina costerebbe così tanto rispetto ai 3,5 al gallone attuali, per questo la Casa Bianca ha promesso una qualche forma di intervento se si dovesse configurare una situazione così disastrosa.