Questa settimana il petrolio è stato visto oscillare tra guadagni e perdite nell'ambito di segnali contrastanti su domanda e offerta. La Cina, che è il più grande importatore di greggio al mondo, ha ridotto le prospettive di consumo a seguito di limitazioni sui viaggi per le vacanze, introdotti con lo scopo di contenere il dilagare della variante Omicron del Covid-19.
Negli Stati Uniti la situazione sembra migliore, come dimostra il dato di mercoledì 15 dicembre che riporta un crollo delle scorte di greggio di 4,58 milioni di barili. In questo si inserisce il rialzo a sorpresa dei tassi d'interesse della Bank of England di ieri che ha frenato le quotazioni dell'oro nero, molto sensibili alla dinamica del costo del denaro in un Paese come la Gran Bretagna caratterizzato da industrie petrolifere.
Quest'anno comunque è stato molto proficuo per il petrolio con una performance di oltre il 40%, nonostante siano emerse parecchie tensioni sul versante geopolitico tra i membri dell'OPEC+, molto reticenti ad aumentare l'offerta nel tentativo di ridurre i prezzi, e gli Stati Uniti che hanno spinto affinché la domanda fosse colmata dalla produzione.
Il ricorso alle riserve strategiche della Nazione è stato un esempio di come gli USA abbiano tutta l'intenzione a non far esplodere le quotazioni oltre il limite consentito. Anche su questo aspetto però bisognerà fare i conti con Paesi come la Cina che continuano a mantenere un atteggiamento controverso.
Goldman Sachs: petrolio oltre i 100 dollari nel 2023
Il 2022 sarà un enigma, perché molto dipenderà da come si evolverà la situazione relativa al virus, che sta rischiando seriamente di ingolfare le attività produttive e quindi la richiesta di greggio. Goldman Sachs non manifesta molte preoccupazioni, ritenendo che il peso che si sta dando a Omicron sia eccessivo.
Secondo la banca d'affari americana la reazione del mercato in questi giorni è stata sproporzionata, perché un calo di 10 dollari del petrolio come quello che si è verificato di fatto equivale a una riduzione della domanda di 5 milioni di barili al giorno per 3 mesi.
In realtà i Governi sembrano rispondere meglio di quanto abbiano fatto in passato e quindi i timori di nuove chiusure sono inutili, per la banca. Gli analisti di Goldman pertanto prevedono che il Brent salga fino a 85 dollari per l'anno prossimo dai 75 dollari attuali, valore che dovrebbe essere mantenuto anche fino al 2023. Non è escluso però che tra 2 anni ci possa essere un'incursione fino a 110 dollari se l'aumento dell'offerta sarà troppo lenta per tenere il passo della domanda.
L'istituto finanziario con sede a New York precisa anche i prezzi del petrolio devono essere più alti di quelli attuali perché l'aumento dei tassi di interesse farà crescere il costo del capitale per finanziare i progetti petroliferi.
A questo si aggiunge la transizione energetica che farà spostare l'attenzione sui piani delle imprese. Goldman stima che l'uso del carburante sugli aerei subisca ancora delle limitazioni per via delle restrizioni che ancora ci saranno per arrestare la circolazione del virus, tuttavia vi sarà una domanda dei viaggi repressa che potrebbe compensare questo calo.
Petrolio: gli analisti più incerti sui prezzi futuri
Altri analisti sono più incerti riguardo le prospettive future del petrolio. Hans van Cleef, economista senior dell'energia presso ABN Amro, ritiene che tutto dipenderà da Omicron e dai possibili blocchi. Secondo l'esperto, con l'arrivo delle vacanze natalizie le persone tendono a riunirsi e il rischio di ulteriori infezioni aumenta notevolmente, di conseguenza almeno nel breve termine sarà più facile vedere prezzi del greggio più bassi che più alti.
A giudizio di Giovanni Staunovo, analista di materie prime presso UBS, invece dal rapporto sulle scorte statunitensi si evince che vi è una grande domanda implicita e questo potrebbe essere un segnale importante anche in ottica futura.