La festa sul mercato delle materie prime sembra essere temporaneamente terminata. Dopo il grande rally di questi mesi, negli ultimi giorni la battuta d'arresto è evidente e non può essere trascurata. Il petrolio Brent ha perso quasi 3 dollari al barile dal picco di 77,84 dollari della scorsa settimana, mentre il greggio è passato da un massimo di 77 dollari a poco più di 74 dollari attuali.
L'oro viaggia sui 1.800 dollari l'oncia, ma si era portato a oltre 1.900 dollari verso la fine di maggio, facendo pensare a una ripresa della cavalcata che l'aveva spinto ai top di sempre a 2.120 dollari ad agosto 2020. Vendite anche sul rame, che ora si trova al di sotto del record di maggio di ben 1.000 dollari la tonnellata, così come sul mais, in calo del 20% rispetto al picco di due mesi fa.
Materie prime: tutti i motivi del calo delle quotazioni
Cosa ha determinato questo improvviso cambiamento nel sentiment degli operatori sulle materie prime? Le spiegazioni possono essere diverse. In primo luogo, vi è una forte incidenza della variante Delta del Covid-19. Le infezioni in tutto il mondo stanno tornando a correre a causa del nuovo ceppo del virus e il livello di ospedalizzazione nuovamente cresciuto in Gran Bretagna, fa pensare immediatamente a restrizioni imminenti. Lo spettro di nuovi lockdown rallenterebbe sensibilmente l'auspicata crescita economica, diminuendo nel contempo la domanda di materie prime necessarie in ogni attività industriale.
Un secondo aspetto che spiega il calo dei prezzi delle materie prime deriva dalle preoccupazioni per il rallentamento della crescita in Cina, il più grande consumatore di oro nero in tutto il mondo. Il PMI manifatturiero del Paese, ossia l'indicatore mensile che misura il grado di intensità dell'attività economica, a giugno è sceso ai minimi da 3 mesi a questa parte: 51,3 punti rispetto ai 52 di maggio. Anche il PMI ufficiale di Pechino segnala contrazione, con 50,9 punti contro i 51 del mese precedente.
Queste indicazioni sono il risultato del peggioramento della domanda estera e dell'incremento dei casi di Covid nella zona del Guangdong. Tutto ciò ha spinto la Banca Centrale cinese a tagliare il coefficiente di riserva obbligatoria per le banche, in modo da incentivare le stesse a prestare di più per compensare la crescita a singhiozzo dell'economia.
Tuttavia, secondo alcuni analisti, tutto questo potrebbe avere solo effetti temporanei di breve durata, ma a livello strutturale poco migliorativi se non cambia in meglio il quadro generale che concerne la pandemia. Riguardo nello specifico ai prezzi del petrolio, sul mercato è aumentata l'incertezza dopo l'ultima riunione dell'OPEC + in cui non si è riusciti a raggiungere un accordo sulla produzione.
I timori adesso sono che le diatribe all'interno del Cartello finiranno per portare a un aumento della produzione dei membri in maniera autonoma e disordinata, spingendo al ribasso le quotazioni dell'oro nero. Di conseguenza, i grandi investitori hanno cominciato ad anticipare lo scenario, mettendosi sulla difensiva.