Wall Street continua ad accumulare record negativi. Quest'anno l'indice S&P 500 ha perso circa il 23%, entrando ufficialmente in un mercato ribassista, ossia un mercato che segna un calo di oltre il 20% dai top. Tale discesa da inizio anno rappresenta la peggiore dal 1932. Anche la scorsa settimana il benchmark si è distinto in negativo, facendo segnare con un calo del 5,8% la più brutta ottava da marzo 2020, quando il mondo fu colpito dalla pandemia.
Ora è chiaro che gli investitori si domandano
quando terminerà questo calo e si raggiungerà il fondo. Il problema è che, storicamente, nel periodo in cui la
Federal Reserve inasprisce la politica monetaria, solitamente si arriva al fondo solo quando la Banca inverte per un allentamento. In base a una ricerca di Vickie Chang, strategist di Goldman Sachs, in 11 delle 17 occasioni passate in cui la Fed era aggressiva sui tassi,
si è avuta un'inversione solo nel momento in cui l'istituto centrale ha ripreso a essere accomodante.
Questo significa che ci saranno da attendersi ancora vendite a Wall Street, essendo che la Banca Centrale si trova solo all'inizio del suo ciclo di strette sui tassi. Quest'anno ha aumentato il costo del denaro in 3 occasioni: a marzo di un quarto di punto, a maggio di mezzo punto e a giugno di tre quarti di punto. Le attese sono per almeno altri 4 restringimenti fino alla fine dell'anno tra lo 0,5% e lo 0,75% per volta. E fino a tutto il 2023 si potrebbe arrivare a 12/13 aumenti complessivi, con un tasso d'interesse finale tra il 3,4% e il 3,8%.
L'effetto potrebbe essere disastroso per i mercati, perché ciò va combinato con l'inflazione più alta degli ultimi 40 anni, il che potrebbe spingere l'economia americana in recessione, con la riduzione degli utili aziendali.
Wall Street: la fine del sell-off dipende solo dalla Fed
Le preoccupazioni degli investitori sono suffragate dalle opinioni degli analisti, che temono che il sell-off non sia ancora terminato. David Donabedian, Chief Investment Officer di CIBC Private Wealth US, ha affermato che il tasso di declino del mercato non continuerà a questo ritmo, ma ancora siamo lontani dall'avvicinarci al fondo. Lo strategist ha consigliato ai clienti di non comprare adesso le azioni a basso costo nell'attesa che il mercato svolti. Anche perché, nonostante i ribassi di quest'anno, le azioni non sono a sconto.
Infatti, l'S&P 500 è negoziato a 15,4 volte i guadagni attesi per i prossimi 12 mesi, appena al di sotto delle 15,7 volte che rappresenta la media degli ultimi 15 anni. L'esperto ritiene che le previsioni generali sugli utili siano troppo ottimistiche, con il consensus che stima crescite a due cifre nel terzo e quarto trimestre prossimi.
Anche Charles-Henry Monchau, Chief Investment Officer di Syz Bank, non si mostra molto ottimista, affermando che la Fed potrebbe alzare i tassi in maniera ancora più brusca se la prossima lettura dell'inflazione fosse ancora molto alta. Tutto ciò, a suo giudizio, metterebbe ulteriore pressione ai titoli azionari.
David Kelly, capo strategist di JP Morgan Asset Management, ha detto in una conference call con i giornalisti la scorsa settimana che il rischio di una recessione quest'anno e il prossimo accrescono la probabilità che la Fed non sarà in grado di aumentare i tassi così a lungo. Pertanto,
non è escluso che entro un anno l'istituto guidato da Jerome Powell decida di tagliare i tassi.
In definitiva, sarà solo il comportamento della Federal Reserve che determinerà l'andamento dei mercati. La buona notizia per gli investitori è che quando la Banca Centrale decide di porre fine al rialzo dei tassi la reazione dei mercati è molto positiva e avviene rapidamente. La cattiva notizia è che ancora nessuno sa quando potrà accadere questo e nel frattempo regna quell'incertezza che di certo non fa bene alle azioni.