Nell’era della comunicazione, sembrano proprio le società che si occupano di media ad essere quelle più a buon mercato sui mercati azionari europei. I numeri espressi dai multipli di bilancio delle aziende che si occupano di comunicazione in effetti stupiscono per convenienza: l’ETF iShares Stoxx Europe 600 Media, stando agli ultimi dati del gestore americano, vantano un rapporto tra prezzo e utili addirittura inferiore a 7.
Ciò significa che con gli utili percepiti da queste società in teoria un investitore ripaga l’investimento in circa 7 anni. Ci sono però dei dettagli che non vanno trascurati del perché si arriva a questo valore, e ne parleremo tra poco. Il comparto dei media europei, nonostante la sua convenienza in termini di ratio prezzo/utili, in questi anni non ha fatto male.
Andando a confrontare lo Stoxx Media con lo Stoxx 600 negli ultimi 5 anni, noteremo che il primo in termini di performance ha fatto meglio con un guadagno del 42% (dati al 29 agosto 2022) contro il +31% dell’indice complessivo. Il listino Stoxx 600 Europe ha però un rapporto tra prezzo e utili di 13 e questo in termini relativi potrebbe rappresentare un punto favorevole per il comparto dei media.
Indice EuroStoxx Media: analisi tecnica
Graficamente vediamo come proprio la recente correzione di mercato ha fornito una finestra di ingresso molto interessante agli investitori. Dopo la rottura rialzista dei massimi del 2007 e del 2015, l’indice EuroStoxx Media è ritornato sui suoi passi senza però scendere sotto i precedenti top, almeno per ora. La lunga fase di accumulazione dopo lo scoppio della bolla tecnologica può quindi proseguire offrendo una prospettiva adesso molto interessante vista la negazione di una trappola per tori.
ETF: pregi e difetti del prodotto per investire sul settore media
L’ETF di iShares costa lo 0,46% all’anno e ha particolarità di essere a distribuzione. Una qualità che ha reso quest’anno il prodotto stesso il migliore nel rapporto tra dividendo e prezzo con un rendimento di addirittura il 16%. Non mancano però le criticità: osservando la composizione geografica ci accorgiamo che il Regno Unito pesa addirittura per il 55%, seguito dai Paesi Bassi al 26%.
Tale concentrazione (e quindi il rischio valutario sulla sterlina) si nota anche andando a spulciare tra i primi titoli in portafoglio, dove scopriamo un altro aspetto poco confortante per chi cerca nell’ETF una fonte di maggiore diversificazione. Il primo titolo in portafoglio è infatti RELX Plc con ben il 30% di peso. La multinazionale inglese svolge attività di informazione e analisi scientifiche, tecniche e mediche in oltre 40 Paesi del mondo e rappresenta un vero e proprio colosso dell’informazione. A seguire, rispettivamente con il 14% di peso, due società olandesi: Wolters Kluwer e Universal Music Group.
Con tre titoli abbiamo quindi già coperto oltre il 60% del portafoglio, un punto non favorevole alla scelta dell’ETF, perché rende l’intera performance dipendente dalle sorti di un piccolo gruppo di aziende. Detto questo, sicuramente i multipli e la struttura grafica sono interessanti. Il settore dei media è stato dimenticato dopo i fasti della bolla tecnologica e potrebbe rappresentare per questo una sorpresa “contrarian” dei prossimi anni.