La Gran Bretagna rimane un paese al centro dell’attenzione. Non tanto per la morte di Elisabetta II quanto piuttosto per la grave crisi economica che Boris Johnson ha lasciato nelle mani della neo premier Liz Truss. Inflazione in doppia cifra, tassi in aumento, mercato immobiliare in tensione e ricchezza dei cittadini investita sui mercati azionari che sta evaporando assieme naturalmente a quella investita sui bond a lunga scadenza colpiti duramente dal cambio di politica monetaria da parte della Bank of England.
L’inflazione rappresenta un problema notevole per un paese importatore come la Gran Bretagna. Il tetto al prezzo dell’energia proposto dalla Truss va nelle giusta direzione, ma bisognerà vedere quanto sarà sostenibile considerando che il deficit delle partite correnti britannico supera abbondantemente l’8%. La sterlina inglese in questo contesto soffre e parecchio. Lo stesso Governo ha peggiorato il clima attorno agli asset britannici proponendo tagli fiscali massicci che ovviamente andranno finanziati (non a caso poco dopo è arrivata una parziale marcia indietro).
Meglio puntare sulla sostenibilità
Quindi meglio investire nel mercato azionario escludendo la Gran Bretagna? Il futuro non lo conosciamo ma il passato sì e, nonostante i venti di crisi, la Brexit, la svalutazione, e tanto altro investire in un paniere di azioni europee con o senza la Gran Bretagna poco cambia. Ce lo dice la storia degli ultimi 3 e 5 anni.
Ho preso due ETF di iShares che investono sull’indice Msci Europe e Europe ex-UK, ovvero al netto della Gran Bretagna. Per completare l’analisi ho inserito anche un ETF SRI (quindi di quelli sostenibili che rientrano nel filone ESG) sempre Msci Europe.
Ebbene, dopo 3 anni Europe e Europe ex-UK sono esattamente identici con un +10%. Dopo 5 anni la differenza è irrilevante e leggermente favorevole all’investimento comprensivo della Gran Bretagna. Verrebbe da dire tanto rumore per nulla.
A rompere le uova del paniere sembra volerci pensare la stessa tipologia di investimento ma in versione sostenibile. iShares Msci Europe SRI a distanza di 5 anni stacca di 10 punti gli altri due indici. Non è stata la Brexit il market mover, ma la sostenibilità a quanto pare.
Tra i due ETF non ESG la composizione settoriale non cambia con industriali, salute e finanziari a coprire quasi il 50% del portafoglio. Naturalmente la differenza la fa la geografia con quel 25% di UK che viene meno. Le performance non ne hanno risentito.
Qualcosa di diverso si nota nel confronto con Msci Europe SRI. Qui a livello geografico il peso della Gran Bretagna è identico a quello della Francia (16%), seguito da Olanda e non dalla Svizzera come nel caso dell’indice tradizionale.
A livello settoriale invece poco cambia, ma evidentemente i filtri di sostenibilità applicati all’ETF hanno ripagato la scelta di coloro che hanno puntato su uno dei fattori al centro dell’attenzione di tutto il mondo del risparmio gestito.
Tra i due litiganti l'ESG gode.