Quando costruiamo un portafoglio di investimento abbiamo due alternative: o acquistiamo un semplice ETF azionario globale, oppure andiamo a ripartire il denaro tra diverse asset class. Il primo caso è il più semplice, investe sulla base del sistema di capitalizzazione di mercato, quindi pesando maggiormente quelle geografie, stili o settori che hanno fatto meglio. Prima della correzione 2022 la Borsa americana (S&P 500) o quella globale (MSCI World) erano sbilanciate sullo stile growth (quindi tecnologia) a causa del peso dominante dei FAANG all’interno degli indici statunitensi.
Diversificazione di portafoglio: i pro e i contro
La semplicità di investire in un unico prodotto si scontra con il rischio di veder indebolita la pratica della diversificazione. Se questa scelta rimane comunque quella con minori controindicazioni e costi (se scegliamo un ETF) quando il capitale da investire è modesto, la seconda strada della scelta individuale dei pesi da attribuire alle varie asset class presenta pro e contro, ma offre interessanti opportunità.
Tra i contro sicuramente i costi, il tempo da dedicare all’attività di ribilanciamento e la trasformazione dello stile di investimento da passivo a attivo. Decidendo in autonomia quanto peso dare ad una certa area geografica oppure o settore facciamo scelte che escono dal tradizionale risultato della replica passiva di un indice globale per entrare nell’attivismo di asset allocation.
Tra i pro di questa pratica rientra invece una migliore opera di diversificazione del patrimonio investito. Individuando i peso che si vogliono attribuire a large cap, small cap, value, growth, USA, emergenti eccetera, si può comporre un mosaico dalle mille facce. Non necessariamente le migliori, ma quanto meno quelle sulle quali crediamo profondamente dopo, si spera, analisi e riflessioni.
Un esempio su tutti è quello relativo agli investimenti value. Ci sono moltissime ricerche che dimostrano che nel lungo periodo è in grado di aumentare sensibilmente il rendimento di un investimento. Come ci saremmo sentiti alla fine del 2021 nel vedere ridotto a meno del 30% questo stile all’interno di un indice come l'S&P 500?
Come tutte le cose che esprimono il loro valore nel lungo periodo il problema è proprio il breve termine. Il motivo per cui il value era arrivato a pesare meno di un terzo del paniere americano era evidentemente legato alla sua sottoperformance relativa rispetto allo stile growth. Poi sono arrivati i rialzi dei tassi di interesse e il trend relativo è cambiato.
Non si è percepito negli indici benchmark, ma nelle performance dei singoli stili sì. Il problema è che il piccolo investitore (ma anche il grande) non può sapere quando è arrivato il momento di passare da uno stile all’altro e anche provarci si rivela un esercizio spesso inutile e sbagliato.
Investimenti: l'importanza di sfruttare la diversificazione
Mantenere una percentuale fissa di azioni value, piuttosto che small cap o ancora di REIT è una scelta oculata di investimento: l’ultimo anno è esemplare sotto questo punto di vista. Prendendo 4 ETF americani e mettendo a confronto le performance capiamo perché.
- Un ETF growth per eccellenza come iShares NASDAQ 100 è invariato negli ultimi 12 mesi.
- Un altro ETF che investe nelle small cap americane come Xtrackers Russell 2000 è invariato.
- Altri due ETF come Invesco US Real Estate Sector e UBS MSCI Value invece sono ampiamente positivi.
Il bello della diversificazione è proprio questo: si possono ribilanciare le varie asset class vendendo qualcosa che guadagna a prezzi superiori per acquistare qualcosa che perde a valori inferiori.