Con la fine della speculazione sul prezzo del gas le borse europee stanno tornando a mostrare i muscoli. La forza dell’euro, arrivato fino a 1,10 rispetto al dollaro prima di ritracciare, conferma che ampi flussi di denaro stanno ritornando verso il Vecchio Continente fiduciosi sulla ripresa economica, su una guerra entrata in una fase di stallo e su una politica monetaria che potrebbe vedere gli Stati Uniti tagliare addirittura i tassi a fine 2023 se il rientro dell’inflazione sarà più rapido del previsto.
Avvantaggiate da multipli decisamente più interessanti rispetto agli indici americani, le borse europee si stanno producendo in un recupero insperato solo un anno fa alla vigilia della guerra tra Russia e Ucraina. Il bilancio annuale di un tipico ETF large cap europeo è decisamente positivo con un guadagno del 20% contro una sostanziale invarianza della borsa americana.
Il CAPE (acronimo di Cyclically Adjusted PE Ratio), ovvero il rapporto tra prezzo e utili aggiustato per il ciclo economico ideato dal professor Shiller, oggi è ancora a sconto rispetto alle medie storiche e rispetto all’equivalente americano. Secondo i dati forniti da Barclays, il CAPE della borsa USA a fine gennaio era di 29 mentre quello delle borse europee a 19. Questa media nasconde una Germania decisamente a sconto con un CAPE di 19 e una Francia un po' più cara, ma sempre meno degli USA, a 24.
È il momento di puntare sugli ETF ad alto rendimento europei?
Nell’ultimo anno gli indici Msci EMU e Europe (dove rientra anche la Gran Bretagna) hanno sovraperformato la borsa americana di oltre 15 punti percentuali. Il gap da recuperare è ancora ampio se pensiamo che a distanza di 3 anni in versione total return lo S&P500 americano ha guadagnato il 45% contro il 32% delle borse europee. A 5 anni il divario sfiora i 50 punti percentuali a favore delle azioni americane.
Dove si nota un ritardo ancora più eclatante nel recupero è sugli ETF ad alto dividendo europei rispetto a quelli americani. In questo caso l’ETF SPDR US Aristocrats ha stupito battendo di quasi 10 punti lo S&P500 nell'ultimo anno, ma l'Aristocrats versione europea ha fatto meglio pur in ritardo a 5 anni di oltre 60 punti percentuali di performance. Se è cominciata la rotazione geografica l'arbitraggio USA-Europa potrebbe anche rappresentare una interessante opportunità relativa.
Lo SPDR S&P Euro Dividend Aristocrats investe nelle società dell'eurozona i cui dividendi sono cresciuti negli ultimi 10 anni consecutivi. Un limite di questo ETF è la scarsa diversificazione (40 titoli) rispetto all’equivalente americano. Importante il peso settoriale delle società legate al mondo delle materie prime (25%) e gli industriali (21%). La Germania ha il peso paese maggiore (30%) seguita dalla Francia (16%).
L’ETF ha una replica fisica dell’indice e un costo di 0,3%. I dividendi sono sicuramente la componente più interessante di questo strumento. Con una percentuale sul prezzo (dividend yield) del 3,4% questo ETF risulta un investimento interessante per chi cerca un’alternativa alle obbligazioni nel generare flussi di cassa periodici.
Ultima nota relativa alla volatilità. Inferiore a 20 e inferiore di un buon 10% rispetto a quella espressa da un ETF che investe nelle azioni che compongono l’indice EMU.
Gli aristocratici del dividendo sono stati i veri protagonisti del 2022 dimostrando che si può decorrelare gli indici generici con particolari stili di investimento. Per come è costruito lo strumento questo vantaggio competitivo non si è ancora esplicitao in pieno nell’ETF che investe negli aristocratici europei. Potrebbe essere arrivato il momento di colmare questo gap.