La teoria dell’investimento che segue i cicli di vita è ampiamente accettata da tempo nel campo della pianificazione finanziaria. Sono stati creati prodotti dedicati, anche ETF, così come i fondi pensione strutturano dei percorsi previdenziali che automaticamente scalano la marcia del rischio con il passaggio da una fase giovanile a una più matura della vita.
Il rischio in questi casi è genericamente considerato quello azionario, ad esempio la borsa americana o l’indice azionario globale. Non ho invece mai visto (ma potrei sbagliarmi) studi che coinvolgono un cambio di stile nell’investimento con il progredire dell’età.
Solitamente lo schema prevede di diminuire il rischio azionario con il progredire dell’età favorendo investimenti più conservativi come le obbligazioni. In certe situazioni potrebbe invece essere più interessante ,per le prospettive di rendimento offerte rapportate al rischio corso, abbassare il cosiddetto beta di portafoglio.
Il beta secondo la definizione del glossario di Borsa Italiana è il coefficiente che definisce la misura del rischio sistematico di un'attività finanziaria, ovvero la tendenza del rendimento di un'attività a variare in conseguenza di variazioni di mercato. Azioni o portafogli di azioni con beta superiori a 1 amplificano i movimenti di mercato nel bene o nel male. Ovviamente succede il contrario in caso di beta inferiore a 1 e quindi con una variabilità minore, al rialzo o al ribasso.
Tornando al nostro portafoglio tarato sul ciclo di vita l’idea potrebbe essere quella di effettuare investimenti a più alto beta in età giovanile, quindi portafogli growth, che si trasformano in portafogli a beta 1 nella parte centrale del ciclo di vita. Tipicamente un indice benchmark come l’S&P500 o il Msci World è adatto all’uso. Infine si può terminare il viaggio su fondi value con beta inferiore a 1.
La teoria dei cicli di vita con gli ETF
È possibile attivare questo processo di investimento basato sul ciclo di vita con ETF? Certamente sì andando a selezionare quegli strumenti che hanno esattamente queste caratteristiche. Growth, Blend e Value.
Per quello che riguarda lo stile Growth si potrebbe optare per un ETF che investe nelle azioni del Nasdaq100. L’ETF Invesco EQQQ Nasdaq potrebbe essere utile in una fase in cui i risparmi sono più modesti ma il tempo a disposizione per recuperare eventuali perdite è tantissimo.
Ad un certo punto del percorso, diciamo tra i 40 e i 45 anni potrebbe aver senso fare uno switch sulla borsa benchmark per eccellenza, lo S&P500. Con l’ETF Vanguard S&P500 si rimarrebbe comunque investiti per un terzo del portafoglio sul Nasdaq (questa è la quota di sovrapposizione) entrando però gradualmente anche su settori value. Il beta in questo caso sarebbe naturalmente 1.
Infine, nell’ultima parte del percorso che precede la pensione, dopo i 55 anni, potrebbe essere consigliato uno switch su un fondo a beta inferiore a 1 con stile value. L’ETF SPDR US Aristrocrats è un’idea vista anche la capacità di assicurare flussi di dividendo più elevati.
Tre stili da abbinare a tre periodi di vita nei quali la propensione al rischio cambia per esperienza o per necessità di ridurre le oscillazioni prima della pensione. Un’idea embrionale tutta da perfezionare ma che potrebbe avere una sua logica razionale nel cercare di rimanere sempre investiti sull’asset class più redditizia ma con sensibilità al mercato diverse.