Quando si parla di investimenti alternativi si pensa agli hedge fund, alle commodity, al real estate. Tra le asset class alternative rientrano anche le infrastrutture. Per questo oggi voglio parlare di un ETF molto interessante perché unisce le qualità diversificanti del portafoglio bilanciato obbligazioni-azioni con le potenzialità di rendimento dell’asset alternativa infrastrutture.
L’ETF che andrò ad analizzare è poco pubblicizzato e soprattutto poco considerato dall’investitore al dettaglio, ma può essere un eccellente tassello di una piccola porzione di un portafoglio bilanciato ad esempio già costruito con i ben più celebri LifeStrategy di Vanguard.
L’ETF è lo SPDR Morningstar Multi-Asset Global Infrastructure, che replica l’indice Morningstar che raggruppa le obbligazioni a tasso fisso ed i titoli azionari globali che rientrano tra le industrie del settore infrastrutture (18 sotto settori). L’indice pondera in modo equo l'azionario e l’obbligazionario a tasso fisso, questo significa che con ribilanciamento trimestrale mantiene sempre un peso 50/50 tra bond corporate del settore e azioni.
Infrastrutture: un tema decisamente interessante
La replica dell’ETF, che costa lo 0,4% all’anno, è fisica ottimizzata. La partenza dello strumento è datata 2015 e questo ci consente di fare un’analisi storica interessante. L’aspetto molto positivo è quello delle masse amministrate pari a quasi 1,5 miliardi di euro.
Per fare un confronto equo ho preso l’andamento dell’ETF iShares Core Msci World e dell’ETF iShares Global Corporate Bond mediandoli semplicemente al 50/50. A questo punto ho confrontato performance e volatilità dell’ETF di SPDR.
Alla data del 28 dicembre 2022, a distanza di 5 anni il 50/50 tradizionale ha fruttato all’investitore il 29% contro il 25% dell’ETF legato alle infrastrutture. Minore rendimento ma minore la volatilità visto che quella media degli ETF tradizionali è risultata del 15% contro il 12% dello SPDR Global Infrastructure. ETF di SPDR che ha chiuso leggermente meglio in termini di performence (negativa) il 2022.
Si conferma quindi la natura quanto meno di diversificatore e di riduzione del rischio di questo tipo di investimento alternativo.
Andiamo adesso a vedere nel dettaglio dove investe SPDR. La composizione settoriale vede le utilities al primo posto con quasi il 50% del portafoglio seguite dai trasporti al 35%. Geograficamente gli Stati Uniti fanno il 40% del portafoglio seguiti da Francia (9%), Canada, Hong Kong e Regno Unito (4%). Il rischio valutario è aperto con il dollaro americano che fa la parte del leone con il 61% seguito dall’euro al 17%.
Si posiziona attorno al 2,5% il rendimento cedolare annuo degli oltre 2000 titoli che compongono l’indice con una frammentazione molto interessante per la sua diversificazione. Basti pensare che il primo titolo in portafoglio è Nextera con appena il 2,2%.
Un tema interessante quello delle infrastrutture. Sia per la sua natura di asset class alternativa, sia per l’anticiclicità di investimenti che solitamente vengono messi in cantiere dagli stati con finalità di rilancio dell’economia dopo momenti di recessione. La redditività mediamente più alta, il minore rischio di default dei bond e soprattutto la capacità di creare reddito capace di coprire in buona parte la perdita di potere d’acquisto generata dall’inflazione (molte tariffe vengono adeguate sulla base di questo parametro), rendono l’ETF interessante per chi non vuole rischiare completamente il proprio patrimonio in strumenti azionari pur mantenendo una interessante componente di reddito e rivalutazione.