Doveva essere l’anno dei bancari e finanziari in generale, soprattutto grazie al rialzo dei tassi. Invece questo 2022 rischia di diventare un vero e proprio incubo per uno dei settori più amati (e odiati) dagli investitori italiani.
Tutta l’Europa sta vivendo una fase particolarmente delicata. Il rialzo dei tassi in un contesto di alta inflazione e recessione economica è veleno per i conti di una banca. Vero che l’aumento del costo del denaro permette di ottenere margini di interesse più alti, ma la domanda dei prestiti stessi da famiglie e imprese si riduce sull’onda delle incertezze.
Settore finanziario: più sofferenze, meno Ipo
Ma soprattutto aumentano le sofferenze, ovvero l’incapacità del debitore di adempiere ai propri doveri patrimoniali verso il creditore. E le banche in queste situazioni reagiscono con una manovra di chiusura selettiva dei rubinetti. Quindi più margine ma meno volumi non portano beneficio ai bilanci. A questo si somma, almeno per le banche italiane, lo stress sui titoli di stato che mette in difficoltà il portafoglio titoli di proprietà.
Altri business finanziari come quello dell’asset management ovviamente soffrono l’avversione al rischio dei clienti e la perdita di masse amministrate e quindi di commissioni. Le borse valori vedono scendere le IPO. Le holding finanziarie il valore delle partecipazioni.
E così lo Stoxx 600 europeo di settore ha già perso il 30% dai massimi di fine 2021 in una caduta praticamente senza freni. Arrivano ora su livelli tecnici molto interessanti. Il grafico potrebbe anche essere invitante visto che non siamo lontani dai massimi del 2007 e dalla uptrend line che da 10 anni guida il bull market. In effetti, se la situazione generale non si avviterà in una crisi finanziaria, l’acquisto di finanziari europei sembra essere una buona opportunità a sconto. Se questa situazione non dovesse degenerare in qualcosa di peggiore.
L'iShares Stoxx Europe 600 Financial è un ETF con masse amministrate non elevatissime, siamo sotto ai 100 milioni di euro, che è stato lanciato nel lontano 2002. Si tratta di un prodotto a replica fisica dal costo non modesto (0,46% per anno). Chi pensa di acquistare solo banche della Zona Euro si sbaglia. Non solo ci sono settori diversi come borse valori, holding, fondi di investimento, ma anche la geografia è decisamente poco eurocentrica.
Esposizione diversificata, ma attenzione al rischio cambio
La caratteristica principale di questo ETF è quella di essere infatti rappresentato per due terzi rappresentato da società finanziarie svizzere e inglesi. Con il 19% troviamo una ricca esposizione ai finanziari svedesi e solo con il 10% società tedesche. Presente anche un 3% di finanziari italiani. Decisamente a sconto i multipli delle azioni presenti nel paniere. Il rapporto prezzo utili di 7 e il prezzo valore contabile di 1,1 non evidenziano certamente società strapagate.
Ubs è l’azione più rappresentata con il 16% seguita da un finanziario non bancario come il London Stock Exchange con il 10%. Al terzo posto un’altra borsa stavolta tedesca come Deutsche Boerse.
Il rischio cambio è notevole in questo investimento considerando la folta presenza di azioni quotate in Gbp, Sek e Chf.
La tracking difference dell’ETF va a corrente alternata. Male nel 2018 e nel 2020, bene nel 2021 e nel 2019 quando è stato battuto il benchmark.
Considerando che lo strumento non è rappresentato esclusivamente da banche, ma anche da borse valori, di asset management e in generale di tutto quello che ruota attorno al mondo della finanza, l’ETF sembra essere un prodotto degno di essere ripreso in considerazione nel momento in cui la volatilità sui mercati tenderà a diminuire. I supporti non sono lontani, staremo a vedere se il sacrificio di quasi un terzo del valore da inizio anno sarà stato sufficiente per convincere gli investitori ad entrare.