Tesla è stata esclusa dal paniere S&P 500 ESG. La consueta revisione di S&P ha mantenuto nel basket “sostenibile” società come Amazon, Apple e Exxon Mobil, ma non Tesla. La società di Elon Musk è stata esclusa per non aver rispettato i criteri minimi richiesti per la permanenza in questo importante indice ormai preso come riferimento globale vista l’importanza della Borsa americana. Come indicato da S&P in un comunicato che spiega l’esclusione, Tesla ha una strategia di basso profilo di decarbonizzazione così come qualitativamente scarso è risultato il codice di condotta aziendale.
Il "difetto" ambientale è paradossale proprio per Tesla, produttrice dell’auto teoricamente pulita che a febbraio 2022 è stata richiamata dalla Environmental Protection Agency per violazione nelle emissioni industriali. Nel Toxic 100 Air Polluters Index il gruppo si posiziona al 22esimo posto, davanti anche a società come la petrolifera Exxon Mobil. Immediata la reazione di Elon Musk, che in un tweet ha definito il mondo ESG una truffa armata da falsi guerrieri della giustizia sociale.
ESG: il problema del greenwashing
Queste scaramucce riaprono il tema della validità di etichette che tengono conto solo di una parte degli impatti (la critica di Tesla è ad esempio quella di non tenere conto degli impatti positivi sull’ambiente che i suoi veicoli sono in grado di produrre rispetto ad altri concorrenti) e di mascherare fenomeni di fondi che dietro la sigla attuano vere e proprie strategie di greenwashing, ossia una tecnica di marketing perseguita da aziende, istituzioni ed enti che propongono come ecosostenibili le proprie attività, esaltando gli effetti positivi di alcune iniziative e al contempo cercando di occultare l’impatto ambientale negativo di altre o dell’impresa nel suo complesso.
Questo fenomeno si sta allargando a macchia d’olio nel mondo della finanza con fondi di poco successo o comunque privi di appeal e masse amministrate, che hanno approfittato della nuova ESG mania per assumere una nuova vita con tanto di etichetta verde. Ma all’investitore alla fine interessa sapere se c’è un vantaggio anche per il proprio portafoglio di investimento. Al momento la risposta, almeno per quanto riguarda l’indice S&P 500, è affermativa. Bisogna però premettere che ogni valutazione è prematura per l’assenza di dati storici strutturati.
ETF tradizionali ed ESG: quali i migliori in Borsa
Ho messo a confronto l’andamento dell’ultimo anno dell’ETF S&P 500 di iShares con due ETF ESG come UBS e Invesco. Tutti e due gli strumenti sono davanti di almeno due punti percentuali rispetto all’indice tradizionale. A distanza di 3 anni abbiamo i dati del solo fondo di UBS, ma anche in questo caso il tema ESG risulta vincente con otto punti percentuali di rendimento aggiuntivo. La volatilità è praticamente identica e quindi anche in termini di rapporto rischio rendimento gli ETF ESG sull'S&P 500 escono vincenti (dati al 6 luglio 2022).
I prossimi anni saranno decisivi nel far emergere definitivamente un fenomeno che si spera possa essere virtuoso anche per l’intera sostenibilità globale. Con buona pace di Elon Musk, l’ESG è probabilmente qui per restare. Magari non nelle stesse forme e sigle che vediamo oggi, ma per incentivare le aziende a rispettare parametri che renderanno forse alcuni business meno “liberi” in uno sforzo globale e necessario per tentare di rimediare ai danni inferti al pianeta e all’intero sistema sociale da un capitalismo decisamente sfrenato.