Prosegue il nostro viaggio nel mondo degli ETF azionari. Oggi la fermata è prevista nella stazione dei mercati emergenti. Universo piuttosto vasto e che può contare su quasi 80 ETF che investono in numerosi indici. Da quelli più generalisti a quelli tematici o di stile che permettono all’investitore di sviluppare strategie tattiche più mirate.
Il peso dell’azionario emergente oggi sugli indici azionari globali (riferimento Msci All Country Worlds) è numericamente importante, ma in termini di capitalizzazione complessiva ancora modesto. Basti pensare che l’indice Msci ACWI investe in società appartenenti a 23 paesi sviluppati e 24 paesi emergenti, ma il peso percentuali di questi ultimi all’interno del paniere complessivo di azioni è di appena l’11%.
Naturalmente trainati dalla Cina, i paesi emergenti stanno guadagnando sempre più dignità all’interno dei portafogli degli investitori di tutto il mondo che utilizzano il tassello “emerging market” per completare una diversificazione geografica costituita da America, Europa e Asia. E proprio gli emergenti appartenenti al continente asiatico fanno la parte del leone negli ETF di categoria.
Sono ben 15 gli ETF quotati in Italia con una capitalizzazione di mercato superiore al miliardo di euro con il maxi fondo di iShares Core Msci Emerging Markets che da solo gestisce masse per oltre 14 miliardi di euro.
L’indice principale ha ormai una storia pluriventennale che da inizio secolo ci racconta di una performance annua composta del 7,5% contro il 5,6% di un azionare globale del mondo sviluppato. Merito soprattutto della prima decade del ventunesimo secolo quando il boom delle commodity e della Cina permise agli investitori di raccogliere performance stellari.
Spiccano Cina e settore finanziario
Un indice, quello più generalista, offerto da praticamente tutte le case di investimento con alcune di esse che si affidano agli indici Ftse (poche le differenze se non la diversa inclusione di certi paesi come ad esempio la Corea del Sud e la Polonia). La Cina rimane l’area geografica dominante con oltre il 30% di peso, seguita da India e Taiwan al 14% e Corea del Sud al 12%. Il primo paese non asiatico è il Brasile al 5%. L’assenza della Corea del Sud negli indici Ftse sposta verso l’alto le percentuali degli altri paesi ma soprattutto fa entrare tra i primi quattro l’Arabia Saudita con un peso del 5%.
Differenze, quelle tra gli indici, che possono provocare nel medio lungo periodo a delle differenze di performance. Ad esempio, negli ultimi 5 anni l’ETF di Vanguard che replica l’indice Ftse Emerging Market ha battuto di oltre 3 punti percentuali quello di iShares che replica l’indice Msci Emerging Market.
A livello settoriale gli indici emergenti vedono una netta dominanza dei settori finanza e tecnologia che rappresentano oltre il 40% del portafoglio, seguiti dalle società attive nel mondo dei consumi discrezionali.
Naturalmente presenti anche le versioni ESG dei principali indici emergenti, mentre quello che manca attualmente sul mercato sono ETF che investono in azionario emergente a cambio coperto (Eur hedged).
Diverse le variazioni sul tema generalista. iShares offre ad esempio ETF smart beta per ogni fattore di rischio che vanno a completare la ricca gamma globale ed europea. Lyxor offre un ETF che investe nell’azionario emergente ma depurato dalla Cina. Presenti ETF ancora più granulari che investono su aree geografiche ben precise (Latin America, Est Europa, Asia, Africa) o addirittura su singoli paesi (Brasile, India, Sud Africa, ecc…). Da segnalare anche l’offerta di Xtrackers di un ETF a replica sintetica che investe sui mercati di frontiera, ovvero quei paesi non ancora meritevoli e maturi per entrare a far parte dell’indice principale.
Un mondo, quello emergente, naturalmente ricco di opportunità ma anche di rischi vista la presenza di paesi politicamene instabili, non sempre democratici e con sistemi giuridici a volte poco trasparenti. Se da una parte il peso dell’economia reale è decisamente superiore a quello della capitalizzazione di mercato, gli investitori devono approcciare questa asset class con la giusta dose di equilibrio e prudenza andando alla caccia di un premio per il rischio più elevato ma consapevoli anche del maggior livello di volatilità.