L’assist fornito dalle banche centrali e un contesto macroeconomico molto sfidante ma meno nero rispetto a quanto prezzato nei mesi scorsi dal mercato sono i due driver che stanno maggiormente influenzando il sentiment degli investitori internazionali.
L’evoluzione dei prezzi degli indici di Borsa fa emergere un’impostazione a favore del rischio, con alcuni settori in particolare che stanno spiccando su tutti gli altri: quello tecnologico e quello farmaceutico.
La sovraperformance di Borsa di questi comparti è legata a doppia mandata con l’irruzione nelle nostre vite del Covid-19, con il virus di origine cinese che ha impattato in modo evidente, e forse perpetuo, gli stili di vita delle persone. E con essi i bisogni e le necessità sul fronte dei consumi.
A veicolare l’interesse degli investitori verso il settore pharma è la ricerca del vaccino contro il Coronavirus, con tutte le più importanti case farmaceutiche mondiali impegnate in una corsa contro il tempo per trovare un farmaco capace di rendere immune il Covid.
Passato un po' di moda negli ultimi anni, il settore non ha nel vaccino l’unica carta a suo favore. Tradizionalmente rappresenta un comparto anticiclico, capace di generare rendimenti anche nelle fasi congiunturali più difficili grazie all’importanza fondamentale dei farmaci nella vita di tutte le persone.
Vi è peraltro un tema di lungo periodo legato a questa fattispecie: il costante aumento della popolazione mondiale e l’altrettanto costante allungamento della speranza di vita sono due temi che già prima dello scoppio della pandemia guidavano le prospettive reddituali del settore farmaceutico.
All’interno di questo contesto, il rally delle Borse internazionali dell’ultimo trimestre potrebbe tuttavia lasciare spazio a delle naturali correzioni di breve. Il rischio aumenta con l’avvicinarsi della stagione delle trimestrali, con gli investitori pronti a incassare i guadagni maturati da metà marzo in avanti qualora gli earning societari dovessero deludere.
Nonostante uno scenario di fondo favorevole al comparto farmaceutico, gli investimenti diretti sui titoli azionari delle aziende del settore appaiono per questa ragione meno attrattivi e rischiano di vincolare gli impieghi dei risparmiatori su un orizzonte temporale più lungo di quello prefissato inizialmente.
Un’alternativa all’investimento diretto nelle azioni è rappresentata da alcuni Certificate sul settore farmaceutico a disposizione degli investitori italiani. Uno di questi è quello emesso lo scorso 17 giugno da EFG International tramite la piattaforma Leonteq.
Quotato su EuroTLX di Borsa Italiana con codice ISIN CH0542387656, questo Certificato Phoenix ha come sottostante due multinazionali del pharma come Astrazeneca e Bayer.
A favore di questa soluzione d’investimento vi sono diversi elementi. La struttura del Certificato prevede infatti il pagamento di una cedola mensile dello 0,667% lordo qualora il peggiore dei due sottostanti alla data di rilevazione prevista valga almeno il 60% dello strike price.
Il fixing inziale è avvenuto al termine delle contrattazioni di Borsa dello scorso 12 giugno, con lo strike price di Astrazeneca posto a 8201 GBp e quello di Bayer a 65,23 euro. Il trigger per ottenere il pagamento del premio mensile è dunque individuato rispettivamente a 4920,60 GBP e 39,14 euro. Rispetto ai prezzi attuali di Borsa, il cuscinetto a favore degli investitori è superiore ai quaranta punti percentuali.
Questo vuol dire che anche in caso di marcati cali dei valori di mercato delle due azioni, l’investitore potrebbe incassare comunque il premio mensile previsto dalla struttura. Scadendo il 12 giugno 2023, dal prossimo 13 luglio il Certificate prevede in totale 36 date di rilevazione intermedia.
Se il 12 giugno rappresenta la scadenza naturale dello strumento, il Certificato Phoenix su Astrazeneca e Bayer grazie alla presenza dell’opzione autocallable può scadere anticipatamente già dalla rilevazione del 12 ottobre 2020. Il Certificate scadrà anticipatamente se nelle date previste il peggiore dei due sottostanti quoterà un valore uguale o superiore allo strike price.
L’emittente ha voluto costruire uno strumento che dia maggiori possibilità di rimborsare in anticipo il valore nominale del Certificate, pari a 1.000 euro. Ogni 12 mesi il prezzo per la condizione di scadenza anticipata del Certificato scende del 5%. Dal 12 luglio 2021 al 13 giugno 2022 scenderà al 95% dello strike price, dal 12 luglio 2022 al 12 giugno 2023 al 90%.
Nella sostanza, con questo Phoenix Certificate l’investitore punta a due obiettivi: il primo smussare il rischio di sbagliare il timing per investire su questo tema, il secondo di poter ottenere un ritorno dai premi mensili fino all’8% annuo lordo.
A questo si somma inoltre la possibilità di poter usare le cedole mensile incassate, così come eventuali capital gain derivanti dal prezzo del Certificate, per poter compensare le minusvalenze presenti nel proprio zainetto fiscale.
Se questa tipologia di strumento finanziario rischia di far perdere all’investitore eventuali nuovi rally di Borsa del settore farmaceutico, dall’altro lato la possibilità di poter scadere anticipatamente già dopo 4 mesi consente di ridurre questo rischio e di poter ricalibrare la propria asset allocation in base a quelle che saranno le condizioni di mercato al momento dell’attivazione dell’opzione autocall.
Lo scenario più interessante per l'investitore si verrebbe tuttavia a creare qualora i prezzi dei due titoli azionari non facciano mai attivare l'opzione di scadenza anticipata. In quel caso, se alle date di rilevazione intermedia i due sottostanti soddisfacessero sempre la condizione per il pagamento del premio mensile incasserebbe 240,12 euro lordi e alla scedenza del 23 giugno avrebbe davanti a se solo due scenari: se il peggiore tra i due sottostanti vale almeno il 60% del suo strike price ottiene il rimborso del valore nominale del Certificate; se il worst of vale meno del 60% del fixining iniziale ottiene un rimborso parametrato alla reale performance di Borsa dell'azione nel periodo di vita del Certifcate.
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