La situazione del mercato del lavoro americano è sotto la lente degli analisti da tempo. Uno degli obiettivi del rialzo dei tassi d’interesse da parte della Fed è proprio quello di rallentare l’economia.
E visto il rialzo repentino dei tassi nell’ultimo anno gli analisti si aspettano ripercussioni sul mercato del lavoro, con licenziamenti e disoccupazione in aumento. I tassi d’interesse alti significano alti costi per le aziende per ottenere prestiti. Gli alti costi si abbattono poi sui bilanci delle aziende che per tentare di arginarli sono costrette a ridurre la forza lavoro.
Questa logica sembra confermata dai recenti licenziamenti delle big tech americane.
I licenziamenti
Proprio la settimana scorsa Amazon ha annunciato a sorpresa il licenziamento di 18.000 dipendenti, contro i 10.000 precedentemente previsti pochi mesi fa. Ma la lista è lunga: 11.000 licenziamenti per Meta, 8.000 per Salesforce, 7.500 per Twitter, e ancora 1.200 per Snap, 1.000 per Shopify e 300 per Netflix.
Il mercato del lavoro americano, però, sembra reggere nonostante i licenziamenti delle big tech.
La scorsa settimana infatti sono arrivati gli ennesimi dati positivi sul mercato del lavoro, che hanno visto la disoccupazione al 3,5%, il dato più basso degli ultimi 55 anni, con conseguenti richieste di sussidi di disoccupazione in calo e dati occupazionali che hanno battuto le stime degli analisti.
Ciò significa che tutti gli altri settori ad eccezione del settore tecnologico godono ancora di buona salute. L’industria tech dunque, nonostante sia una delle più importanti per gli Stati Uniti a livello di PIL, dietro solo a quella sanitaria, non basta da sola a far precipitare i dati sull’occupazione.
Qui dipende da come si fanno i calcoli, e da quali settori si considerano effettivamente collegati all’industria tech, ma nel totale il tech occupa una cifra tra il 5 e massimo il 10% della forza lavoro degli Stati Uniti. Grandi fatturati non significano per forza di cose, quindi, un grande numero di persone impiegate.
Giusto per fare un esempio, la forza lavoro sommata delle prime 3 aziende dell’S&P 500 per capitalizzazione, ossia quella di Apple, Microsoft e Google, non arriva a nemmeno un quarto della forza lavoro di uno dei colossi della grande distribuzione come Walmart, che dichiara circa 2 milioni e 300 mila dipendenti.
Nonostante queste cifre, secondo il Wall Street Journal i tagli ai dipendenti delle aziende tech hanno raggiunto quasi il 70% del totale dei licenziamenti nel novembre 2022.
Cosa sta succedendo dunque al settore tech americano?
I tassi d’interesse alti sono un fattore importante, come abbiamo detto, che può mettere in difficoltà le aziende tech, ma non bastano da soli a giustificare questi licenziamenti. Il problema delle aziende tech viene da lontano, dalla pandemia che ci ha colpito quasi 3 anni fa ormai.
A partire da marzo 2020 molte più persone hanno iniziato a fare acquisti online, utilizzare le piattaforme di streaming e a passare più tempo in generale sui social. Di conseguenza il carico di lavoro è aumentato per le aziende tech, che hanno visto un netto aumento dei fatturati ed hanno iniziato ad assumere per soddisfare la domanda di beni e servizi online in aumento.
Il caso Amazon
Il caso forse più rappresentativo è quello di Amazon. L’azienda ha messo a segno un 2020 da paura, con una crescita del fatturato pari al +38% rispetto al 2019. Da notare come questa crescita sia particolarmente aumentata a partire proprio dal secondo trimestre dell’anno, che inizia appunto dal 31 marzo.
Questa crescita è continuata nel 2021, ed è andata di pari passo con l’aumento della forza lavoro del colosso delle spedizioni. Nel 2020 infatti i dipendenti di Amazon sono passati da 800.000 a 1.300.000, con un aumento pari a 500.000 posti di lavoro.
Anche nel 2021 il trend delle assunzioni è continuato, con ben 300.000 nuove assunzioni.
Del resto se l’azienda si impegna in consegne in 1 massimo 2 giorni ha sicuramente bisogno di tutta questa forza lavoro.
Ma non solo. Nel 2021 una delle aree in cui Amazon ha registrato una crescita maggiore di fatturati è stata quella degli Amazon Web Services, segno che sempre più aziende si stanno rivolgendo alla piattaforma di cloud di Amazon. Le assunzioni dunque sono aumentate anche per coprire i servizi erogati da questo business dell’azienda.
In particolare queste assunzioni di personale qualificato, come ingegneri e sviluppatori web, rientrano nella logica della cosiddetta “Guerra dei talenti”. Le aziende tecnologiche infatti si contendono i migliori talenti sul mercato offrendo loro stipendi sempre più alti per sottrarli ai loro competitor.
Un esempio su tutti è quello di Meta che sta spendendo moltissimo per sviluppare il suo metaverso.
Il caso Meta
Proprio Meta sembra infatti che abbia fatto incetta di dipendenti nella Silicon Valley nel 2022, specialmente da Microsoft, ai quali avrebbe offerto stipendi addirittura doppi.
Con le riaperture del 2022 tutto il settore tech è andato in crisi, con i consumi che sono tornati via via verso una più normale domanda di beni materiali e di servizi fisici da parte dei consumatori.
Netflix ha registrato il primo calo di iscritti per due trimestri di fila nel 2022, e molte aziende hanno registrato crescite di fatturati molto modeste rispetto agli anni precedenti. È il caso di Amazon, che come abbiamo visto ha rallentato di molto la sua crescita a livello di fatturati, passando da crescite a doppia cifra degli ultimi anni ad un +9% stimato nell’anno in corso.
O peggio ancora di Facebook, che si stima andrà in contro al primo anno con crescita di fatturati negativa da quando ha reso i propri bilanci pubblici, con la quotazione in Borsa del 2012.
150.000 licenziamenti
Dunque nel 2022 in totale ci sono stati circa 150.000 esuberi da parte di oltre 1.000 aziende tech. L’impennata è evidente soprattutto a partire dal secondo trimestre dell’anno, ma i numeri non sono ancora tali da intaccare la totalità del mercato del lavoro americano che al momento conta, come abbiamo visto, molte altre industrie in buona salute.
Dunque il calo dei fatturati e l’aumento dei licenziamenti da parte delle big tech americane non sembrano fattori che indicano una crisi assoluta del settore, ma piuttosto un ritorno ai livelli di crescita meno esasperati del periodo pre-Covid.
Tuttavia i dati sull’occupazione rimangono ancora sotto l’attenzione degli analisti. Un aumento dei licenziamenti anche in altri settori, accompagnato da trimestrali sotto le aspettative, potrebbero dare la definitiva conferma della recessione in atto in questo 2023.