Mentre i mercati attendono con trepidazione le parole che il n.1 della Federal Reserve Jerome Powell pronuncerà questa sera in occasione del simposio organizzato dalla Banca centrale svedese, indicazioni positive per l’andamento dei prezzi a livello globale arrivano dai dati relativi i costi sostenuti per le spedizioni di merci.
La Federal Reserve Bank di New York stima che il 40% dell’inflazione registrata tra il 2019 ed il 2021 sia stata creata dalle strozzature all’offerta e, tra queste, spiccano in particolare i costi per le spedizioni.
Buone notizie in questo senso arrivano da Freightos, società che gestisce una piattaforma di prenotazione e pagamento per il trasporto internazionale di merci.
Costi per le spedizioni ai livelli pre-pandemici
Al momento, spedire un container da circa 12 metri dalla Cina alla costa orientale degli Stati Uniti costa 1.400 dollari, il 93% in meno rispetto al picco toccato a settembre 2021 a 20.600 dollari. È quanto emerge dai dati di Freightos. Come emerge dal grafico Bloomberg, si tratta di un andamento comune a tutte le maggiori rotte tra Cina, Stati Uniti e Unione europea.
Il calo dei prezzi per spostare le merci è sostanzialmente riconducibile al cambio di abitudini dei consumatori che, dopo aver concentrato le spese sui beni nel periodo pandemico, sono tornati a bilanciare questa voce di spesa con i servizi (come cene al ristorante o viaggi). Per quanto riguarda la prima economia, al momento, in termini reali (quindi al netto delle pressioni inflazionistiche), le spese in prodotti fisici sono inferiori del 4,3% rispetto a marzo 2021 ma quelle in servizi sono superiori dell’8,6%.
Questo minor acquisto di merci si è ovviamente riflesso sull’attività portuale: il traffico merci combinato di Los Angeles e Long Beach a novembre 2022 ha evidenziato un rosso del 26% rispetto ad un anno prima.
Inflazione in ulteriore riduzione?
Visto il peso che i costi delle spedizioni hanno avuto negli ultimi anni nell’indirizzare l’andamento del tasso di inflazione, si tratta certamente di buone notizie anche se le indicazioni sanitarie in arrivo dalla Cina non fanno ben sperare.
Sempre la Fed di New York pubblica il Global Supply Chain Pressure Index, che prova a sintetizzare le condizioni delle catene di approvvigionamento globali. Dopo un massimo toccato tra fine 2021 ed inizio 2022, l’indice ha evidenziato un calo che si è arrestato nel quarto trimestre ‘22 proprio a causa della fine della politica zero-Covid da parte delle autorità cinesi, che ha portato ad un incremento delle infezioni ed ad un peggioramento delle “supply chain”.