Per gli economisti, è l'Italia
il Paese dell'Eurozona più esposto all'aumento dei tassi d'interesse da parte della Banca Centrale Europea. Da un sondaggio condotto dal Financial Times è emerso che, in presenza di una crisi del debito, 9 esperti su 10 ritengono che la terza potenza economica dell'Unione Europea potrebbe essere a rischio di una vendita diffusa dei titoli di Stato.
Da quando, la scorsa estate, la BCE ha cominciato ad alzare il costo del denaro, i rendimenti dei BTP a 10 anni hanno ripreso a salire, arrivando sopra il 4,6% nella scorsa settimana. Basti pensare che solo un anno fa erano poco oltre l'1%. Il problema di fondo è che il debito pubblico italiano è oltre il 145% del PIL e il pericolo è che costi di finanziamento più alti possano ripresentare la questione della sostenibilità, per tanti anni tenuta a bada dai tassi d'interesse ai minimi storici.
Ecco cosa pensano gli economisti
Il Governo Meloni sta seguendo una linea moderata, prestando attenzione al deficit fiscale. Secondo le stime dell'Esecutivo, il deficit dovrebbe scendere quest'anno al 4,5% sul PIL dal 5,6% del 2022, e al 3% nel 2024. Tuttavia, gli economisti temono che ciò potrebbe non essere sufficiente con l'inasprimento della politica monetaria dell'istituto guidato da
Christine Lagarde.
I falchi all'interno dell'Eurotower stanno facendo fronte comune per spingere la Banca Centrale ad aumentare i tassi dello 0,5% nei primi mesi del 2023. Di fronte a certe rimostranze, la posizione delle colombe appare sempre più debole e ciò potrebbe destare non poche preoccupazioni. Secondo Veronika Roharova, responsabile dell'economia dell'Area Euro presso la banca svizzera Credit Suisse, il nuovo Governo italiano finora non ha fornito elementi di preoccupazione anche se "le tensioni potrebbero arrivare con il rallentamento della crescita, l'aumento dei tassi d'interesse e la ripresa delle emissioni di debito".
A giudizio di Silvia Ardagna, capo economista europeo di Barclays, "l'elevato stock di debito, l'alto deficit fiscale e la necessità di ulteriori misure di sostegno energetico rendono i mercati molto preoccupati". Addirittura Ludovic Subran, capo economista di Allianz, ritiene che nell'Eurozona si possa configurare una situazione simile a quella del 2012, quando vi fu il crollo del mercato obbligazionario. "Le capacità fiscali sono diverse tra i Paesi senza il pesante intervento della BCE", ha sottolineato l'esperto.
Jesper Rangvid, professore di finanza alla Copenhagen Business School, ha affermato che la BCE è stata troppo lenta nel riconoscere la non temporaneità dell'inflazione, ma a suo avviso alla fine potrebbe non stringere abbastanza per i problemi che causerebbe all'Italia. Dello stesso avviso risulta essere Mujtaba Rahman, Amministratore Delegato per l'Europa per la società di consulenza Eurasia Group, che ha affermato che una recessione più profonda nel 2024 rischia di generare ulteriore pressione per i Paesi ad alto deficit e debito. Di conseguenza, "il percorso per la politica monetaria da parte della BCE potrebbe essere più morbido".