Dal punto di vista macroeconomico, il 2022 ha rappresentato un anno particolarmente difficile. Per motivi diversi, su un lato dell’Atlantico la causa è riconducibile all’eccesso di domanda sull’altro all’esplosione dei prezzi dei prodotti energetici, tassi di inflazione a due cifre hanno costretto le banche centrali (che dopo aver messo in campo enormi dosi di liquidità si sono fatte cogliere di sorpresa dai prezzi…) a mettere in campo aumenti dei tassi a ritmi mai visti.
Il settimanale britannico The Economist ha analizzato l’andamento delle principali 34 economie mondiali sulla base di cinque indicatori finanziari: Pil, inflazione, penetrazione dell’inflazione nel sistema economico (intesa come percentuale di prodotti con un incremento annuo superiore al 2%), andamento del listino azionario e debito pubblico.
Andamento economia 2022: i risultati dello studio
In controtendenza rispetto all’andamento degli ultimi anni, rileva l’autorevole testata britannica, le performance economiche migliori sono state registrati tra i Paesi mediterranei: nelle prime posizioni troviamo la Grecia ed altri Paesi che in passato hanno avuto forti difficoltà, come Portogallo e Spagna, nel 2022 hanno evidenziato un andamento decisamente positivo.
Dopo lockdown particolarmente duri, queste economie, a cui può essere aggiunta la nostra, hanno capitalizzato le riaperture ed il ritorno dei flussi turistici che, in alcuni casi, hanno superato i livelli pre-pandemici. Nel caso della Spagna, ha giocato a favore anche la scarsa dipendenza dalle fonti energetiche russe (il Paese si approvvigiona principalmente dall’Algeria).
Nonostante l’instabilità politica, l’economia israeliana ha registrato performance positive mentre, a dispetto della stabilità, la Germania ha sottoperformato. Indicazioni negative anche per Estonia e Lituania, prese ad esempio fino a qualche anno per la velocità del processo riformatore ed oggi sfiancate da tassi di inflazione in area 20%.
In termini di andamento del Pil, la Norvegia ha capitalizzato il rialzo del prezzo del petrolio mentre la Turchia ha beneficiato dell’incremento dei traffici con una Russia alle prese con le sanzioni. Indicazioni da prendere con le molle arrivano da Irlanda e Stati Uniti: nel primo caso il dato è distorto dalle multinazionali, che scelgono il Paese solo per finalità fiscali, mentre nel secondo gli economisti hanno avuto difficoltà a contabilizzare gli enormi pacchetti di stimolo.