L'inflazione statunitense si è raffreddata negli ultimi mesi passando da un picco del 9,1% messo a segno a giugno al 7,1% di novembre. Dopo un intero anno di crescita tumultuosa, per i mercati questo rallentamento ha rappresentato una boccata di ossigeno. Tuttavia,
vi sono dei segnali che stanno preoccupando la Federal Reserve e che potrebbero spingerla a proseguire la politica di incrementi dei tassi.
In particolare, questi segnali arrivano principalmente dalla crescita delle retribuzioni. Le aziende fanno fatica a trovare manodopera e questo determina una spirale verso l'alto del costo del lavoro. Ciò aiuta a mantenere alto il tasso d'inflazione, limitando almeno in parte l'effetto dell'aumento dei tassi da parte della Fed.
I salari stanno crescendo negli Stati Uniti a un tasso annuo ben superiore al 5% e questo rende difficile per l'istituto centrale tornare all'obiettivo del 2% in tempi brevi. Lo si vede dal principale elemento che guida la crescita del costo della vita, ossia i prezzi dei servizi, a loro volta alimentati dall'aumento del costo del lavoro.
Inflazione USA: ecco le mosse del Governo e del Congresso
L'antidoto Fed per combattere l'inflazione potrebbe spingere l'economia in recessione, dal momento che i tassi rimarranno alti ancora per un po'. Quindi, spetterebbe al Governo americano e al Congresso trovare delle formule per attenuare le conseguenze negative a carico di famiglie e le imprese. A tale riguardo, si potrebbe agire sul mercato del lavoro per impedire che l'eccesso di offerta spinga in alto i salari e alimenti l'inflazione. Sono cinque i provvedimenti che potrebbero essere adottati.
Il primo consiste nell'aumentare i crediti d'imposta sul reddito guadagnato, soprattutto per i lavoratori che hanno figli a carico. Questo potrebbe incoraggiare la partecipazione alla forza lavoro, tenendo a equilibrare il mercato della domanda e dell'offerta.
Il secondo si basa su programmmi di occupazione settoriale, ossia programmi di formazione rivolti a lavoratori con salari bassi. Ciò serve per ridurre le barriere occupazionali per categorie di lavoratori non tradizionali, aumentando l'ottenimento di credenziali e certificati dalla formazione che consentono di migliorare la candidatura per una quantità maggiore di posti di lavoro disponibili.
Il terzo provvedimento potrebbe riguardare l'ampliamento dell'accesso al congedo familiare retribuito. In questo modo, i lavoratori sarebbero meno propensi a lasciare il lavoro per motivi familiari, garantendo una maggiore continuità lavorativa e assicurando nello stesso tempo un maggiore equilibrio rispetto alla domanda.
Il quarto fa riferimento alla semplificazione delle licenze professionali. Attualmente il 25% delle occupazioni richiede una licenza dove si determinano il numero di ore di istruzione e di esperienza necessarie, il tipo di esame da superare, le tasse che dovranno essere pagate e altre cose che possono qualificare un lavoratore. A volte tali requisiti impediscono a chi vive nelle zone di confine tra gli Stati di svolgere adeguatamente il proprio lavoro. Quindi si potrebbero trovare soluzioni per migliorare la partecipazione e la mobilità, tipo patti di licenza interstatali, accordi di reciprocità tra gli Stati e leggi sulle licenze universali.
Infine ci potrebbe essere un'espansione dell'immigrazione legale e basata sulle competenze. Negli ultimi anni in America si è registrato un declino della popolazione nata all'estero per effetto delle politiche sull'immigrazione volute dall'Amministrazione Trump e per il rallentamento delle attività di consolati ed ambasciate a causa della pandemia. C'è da rilevare però che in questo caso non è facile trovare un compromesso bipartisan nel Congresso USA, dal momento che qualsiasi tentativo di riforma sull'immigrazione avanzata negli ultimi anni è stato spento sul nascere.