- La commissione UE va giù pesante sull'Italia: dopo la Grecia è quella che crescerà di meno nel 2020;
- Gentiloni avverte di un pericolo nel sistema bancario generato dall'indebitamento pubblico e privato;
- Tra 2 giorni Moody's si pronuncerà sul merito creditizio e l'Eurogruppo deciderà sul MES.
Sarà il debito pubblico abnorme? Il fatto che il Paese non cresce da tanto tempo? O l'incapacità della nostra classe politica di trovare le soluzioni adeguate? Fatto sta che gli organismi internazionali hanno preso un pò di mira l'Italia nelle valutazioni futuristiche riguardo ciò che il Coronavirus lascerà alle spalle dal punto di vista economico. Così, dopo le previsioni catastrofiche in termini di PIL del mese scorso del FMI che poneva l'Italia come fanalino di coda tra i Paesi più sviluppati (-9,1% nel 2020), oggi arriva l'allarme da parte della Commissione UE che vede Roma seconda solo alla Grecia.
Le previsione della Commissione UE
La caduta dell'economia nel 2020 dovrebbe essere del 7,7% nel 2020 nell'Eurozona, secondo Bruxelles. In maniera particolare se non si verrà a creare una risposta alla pandemia concertata tra tutte le Nazioni alla. In questo caso vi potrebbero essere delle distorsioni economiche molte serie che si ripercuoterebbero su quei Paesi che partono da condizioni di svantaggio, come il nostro. Infatti l'Italia sarà destinata a subire una flessione del 9,5% nel 2020, peggio degli Stati più virtuosi come Germania (-6,5%) e Francia (-8,2%), ma anche della Spagna vista in calo del -9,4%. Anche l'eventuale rimbalzo nel 2021, una volta domata la pandemia, sarebbe molto più contenuto nel Belpaese rispetto ai partner di Eurolandia. Infatti si stima che l'Italia crescerà del 6,5% e sarà addirittura inferiore a quella della Grecia data a +7,9% dopo che l'economia di quest'ultima si dovrebbe contrarre del -9,7% nel 2020.
A preoccupare i Commissari Europei è l'aumento forsennato del deficit e, di conseguenza, del debito pubblico. Questo per effetto delle spese necessarie per sostenere in primis la Sanità pubblica nella lotta al Covid-19 e poi le imprese e le famiglie dilaniate dall'emergenza. I conti pubblici italiani rischierebbero di saltare con il disavanzo che salirebbe all'11,1% del PIL e il debito pubblico che arriverebbe nelle vicinanze del 160%, zona considerata da molti come off limits per la sostenibilità. Da quest'anno potremmo avere anche un avanzo primario negativo per la seconda volta da un trentennio a questa parte, ossia da quando è stata creata l'Unione Monetaria Europea. Non fa ben sperare nemmeno la stima del calo del debito quando nel 2021 si presume ci possa essere la ripresa auspicata: si arriverà solo al 153,6% del PIL. In particolar modo è il settore del turismo a farne le spese, con ripercussioni notevoli sui trasporti, sui viaggi e sulle attività ricreative e culturali. Il fatturato netto delle aziende nel primo semestre arriverebbe a perdere fino al 18%, prima di una fase di recupero quando ripartiranno a pieno organico le attività.
Il riflesso sul mondo del lavoro sarebbe devastante, con un tasso di disoccupazione visto salire all'11,8% nel 2020, per poi migliorare lievemente nel 2021 (10,7%). Non solo, si creerebbe il problema di tutti coloro che non vengono coperti dalle misure anti crisi, come alcuni lavoratori stagionali o a contratto parziale, che rischierebbero di uscire dal mondo del lavoro. La crisi occupazionale inevitabilmente andrebbe ad impattare sulla ripresa, perché l'atteggiamento dei consumatori sarebbe a quel punto orientata più ai risparmi e meno ai consumi; giocoforza il meccanismo di azionamento del settore produttivo conoscerebbe delle fasi più lente.
A corollario di questo contesto si va a inserire la delicata questione delle sofferenze bancarie dettata da un indebitamento pubblico e privato in crescente evoluzione. Il timore dei commissari Dobromvski e Gentiloni sta nel fatto che un sistema siffatto getterebbe le basi per far saltare l'equilibrio del sistema bancario innescando una nuova crisi del debito che, viste le condizioni attuali, non sarebbe augurabile. Questo rischio sarebbe ancora più persistente se la pandemia dovesse prolungare il suo corso perché a quel punto molte aziende potrebbero essere travolte dallo shock di liquidità e presentare problemi di insolvenza molto seri.
Cosa significherà questo per l'Italia?
L'Italia sarà chiamata a due stress test importanti nei prossimi giorni. Esattamente venerdì 8 maggio vi è il pronunciamento di Moody's sul nostro merito creditizio e i Ministri delle Finanze dell'Eurogruppo si riuniranno in videoconferenza per mettere a punto in maniera definitiva l'applicazione del MES. L'attesa è febbrile soprattutto per l'andamento dei nostri BTP che potrebbero per un pò di tempo, a scopo cautelativo, veder venir meno la presenza della BCE dopo la sentenza della Corte Costituzionale tedesca nelle giornata di ieri. Per il momento l'effetto è stato contenuto, il mercato continua a comprare i nostri titoli, oggi lo spread è in lieve salita ma si colloca intorno a 242 punti base. E' ragionevole pensare, però, che un declassamento dell'agenzia di rating e un mancato accordo sul Fondo Salva Stati creerebbe più di uno scossone sui prezzi dei BTP.
Già ieri la Commissione UE aveva preso delle posizioni nette ribadendo da un lato che la Costituzione tedesca non ha alcuna prevalenza sulle norme europee e rivendicando dall'altro il ruolo della BCE a sostegno del debito. Oggi Gentiloni ha confermato che la condizionalità del MES non sarà come quella stabilita originariamente, ma che sarà rapportata agli scopi definiti dai Ministri delle Finanze e dai Capi di Stato e di Governo dell'UE. Una risposta forte sarebbe necessaria, così come è stata per il mese di aprile dove sono state adottate delle misure di politica monetaria e fiscale senza precedenti per cercare di contenere la ricaduta economica e alleviare per quanto possibile le pressioni sulla liquidità. Il nostro Commissario si è dichiarato fiducioso anche riguardo al Recovery Fund per quanto ancora sussistono delle difficoltà in merito alla durata.