- I giudici della Corte Costituzionale tedesca accolgono parzialmente il ricorso di alcuni economisti sulla legittimità del PSPP;
- La BCE tra poco si riunisce per rispondere all'ultimatum lanciato dalla Corte tedesca;
- La sentenza potrebbe creare una spaccatura in Europa minando i rapporti futuri in ottica anti Covid.
La notizia è arrivata sui mercati come un fulmine a ciel sereno, o quasi. Il rimbalzo delle Borse europee dopo la giornata nera di ieri è stato inizialmente azzoppato dalla decisione della Corte Costituzionale di Karlsruhe di promuovere (o bocciare a seconda delle interpretazioni) a metà il quantitative easing lanciato da Draghi nel 2015 e proseguito nel 2018. I mercati azionari, nella fase iniziale delle contrattazioni hanno segnato rialzi oltre i 2 punti percentuali, dopo l'uscita della sentenza hanno virato fino a poco sopra la parità, salvo poi riprendere la corsa aiutati anche dai future di Wall Street in territorio positivo. Alla notizia, anche lo spread BTP/Bund si è allargato fino a quota 250 punti, segnando un rialzo del 10% rispetto a ieri.
Cosa è stato deciso dalla Corte Costituzionale tedesca
Ad essere sotto osservazione della decisione di stamane da parte dei costituzionalisti tedeschi era il Public Sector Purchase Programme (PSPP). Il PSPP è il piano di acquisto di titoli di Stato europei che la BCE dell'allora Governatore Mario Draghi aveva avviato nel marzo 2015 e rinnovato nel settembre 2018. L'obiettivo era quello di riportare il tasso di inflazione dell'Eurozona al 2% attraverso l'immissione di liquidità nel sistema dei collaterali del debito, cosa che si riconduce perfettamente al mandato della Banca Centrale.
Lo scontro Germania-BCE ha radici lontane, già nel 2018 la questione di legittimità del programma è stata sollevata dai giudici tedeschi di fronte alla Corte di Giustizia Europea che aveva respinto la richiesta. Adesso è stata ribadita dopo che alcuni economisti tedeschi avevano fatto ricorso di fronte alla stessa Corte Costituzionale tedesca dopo la proroga del quantitative easing nel 2018.
Nel dettaglio, la sentenza di stamane ha da un lato stabilito che il QE1 e QE2 della BCE, quantificati in circa 3.000 miliardi di euro, non rappresentano una forma di monetizzazione del debito degli Stati, cosa per giunta non ammessa dal trattato; dall'altro lato però accoglie parzialmente il ricorso degli economisti sulla sproporzione tra costi e benefici della politica monetaria di Eurotower. Tale sproporzione richiamerebbe gli articoli 51 e 54 del Trattato UE riguardo gli effetti sui risparmi, sulle pensioni e sui prezzi del mercato immobiliare di un vasto programma di acquisto di titoli del debito pubblico.
L'aspetto più inquietante di tutta la sentenza è l'onere della prova demandato al Consiglio Direttivo della BCE di dimostrare in modo comprensibile e comprovato che ci sia proporzionalità tra le iniziative prese da Francoforte e gli effetti di politica economica e fiscale. Se questo non avviene, dopo un periodo transitorio di tre mesi, la Bundesbank potrebbe non partecipare più all'implementazione del programma e addirittura vendere i titoli di Stato già acquistati fino a questo momento. Ricordiamo che la Banca Centrale tedesca è la principale azionista della BCE.
E' bene precisare che la sentenza non riguarda il PEPP, l'altro piano da 750 miliardi da poco messo in piedi da Christine Lagarde. Esso infatti è rapportato alla crisi pandemica e quindi mantiene una certa proporzione tra l'entità dei Bond acquistati sul mercato e gli obiettivi di risoluzione dell'emergenza. Questo almeno fino al 31 dicembre 2020, data in cui terminerà il programma. Diversa potrebbe essere la storia se la BCE dovesse decidere di prolungare il calendario e reinvestire i titoli in scadenza detenendoli in portafoglio. A quel punto il principio della proporzionalità farebbe riemergere una nuova spinosa controversia dalle conseguenze non pronosticabili.
Quali potrebbero essere gli effetti per l'Europa e per i mercati
Questa decisione con ogni probabilità sarà destinata a lasciare il segno nei rapporti tra falchi e colombe a Bruxelles. Alla vigilia della sentenza il Presidente della Repubblica tedesca, Frank-Walter Steinmeier, aveva cercato di rasserenare gli animi dichiarando che l'Europa ha bisogno di solidarietà e ogni Paese, compresa la Germania, sta meglio se stanno meglio anche gli altri. Questo poteva certamente rappresentare un chiaro segnale per i prossimi deliticatissimi incontri dell'Eurogruppo per dirimere la questione degli aiuti in funzione anti-Covid.
L'aut aut di Karlsruhe giunge come una coltellata in seno all'Unione, riportando a galla una spaccatura che potrebbe essere pericolosa. La BCE ha già fatto sapere tramite un portavoce che oggi alle 18 ci sarà la riunione del Consiglio Direttivo per valutare la situazione. Mentre la Commissione Europea ha precisato, commentando la sentenza, che le decisioni della Corte di Giustizia Europea sono vincolanti anche per la Corte Costituzione tedesca, essendo che le normative comunitarie prevalgono sulla Costituzione di Berlino.
La palla ora passa alla cancelliera Merkel, che deve rispondere a quanto commentato nella sentenza dai giudici della Corte tedesca, la quale sollecita il Governo Federale e il Bundestag ad adottare delle misure attive contro il PSPP in base alle loro responsabilità. E qui potrebbe aprirsi uno squarcio che arriva fino ai mercati finanziari, per ora sì provati ma ancora contenuti nelle reazioni in attesa che finalmente l'Europa implementi un piano su scala sovranazionale, in grado di dare una risposta decisa ai disastri economici che il Coronavirus ha provocato.