- Tensione sui nostri BTP a poche ore dal verdetto delle due agenzie di rating;
- Gli analisti si aspettano una conferma del merito creditizio e un rimando a settembre;
- Gli investitori hanno ridotto l'esposizione sui nostri titoli e potrebbero vendere a mani basse in caso di declassamento.
Il giorno che tutti aspettavano è arrivato: tra poche ore le due agenzie di rating Moody's e DBRS emetteranno il verdetto sul merito creditizio italiano. La questione è particolarmente delicata perché l'Italia in quest'ultimo periodo è messa particolarmente sotto stress da una serie concatenante di fattori. Il virus non è stato ancora domato e si attende il riscontro dell'allentamento delle misure di lockdown per verificarne ancora la sua atrocità; le previsioni sul Paese da parte di alcuni organismi internazionali come la Commissione UE sono a dir poco impietose; la sentenza raccapricciante da parte della Corte Costituzionale tedesca rischia di confinare ai box il principale alleato, la BCE. Tutto questo altera non poco l'equilibrio dei BTP che in quest'ultimo periodo stanno vivendo un andamento ballerino, segno eloquente della scarsa serenità all'interno e intorno al Paese. In questo momento lo spread tra il BTP a 10 anni e il Bund tedesco viaggia intorno a 240 punti base, ma nelle ultime ore ha effettuato sortite oltre i 250 punti, con rendimenti per il titolo di Stato italiano sopra il 2%.
Moody's e DBRS declasseranno l'Italia?
Ecco quindi che il giudizio delle due agenzie di rating Nord americane atteso per oggi riveste un'importanza vitale. Un doppio declassamento metterebbe sotto pressione i Titoli di Stato italiani, con invevitabii ricadute sulle aziende quotate a Piazza Affari e più in generale sul tessuto economico del Paese. Con una situazione, così come la crisi del debito europeo di una decina d'anni or sono insegna, che potrebbe potrebbe sfuggire di mano.
Il rischio maggiore viene da Moody's perché parte da una scala di valutazione più bassa, ossia di appena un notch sopra il junk bond level. Di conseguenza un declassamento farebbe sprofondare l'Italia nelle sabbie mobili. Soprattutto dopo la bocciatura del 28 aprile di Fitch e se DBRS dovesse nel contempo decidere di calare la scure sulla nostra testa. Quest'ultima ipotesi, a onor del vero, sembra alla maggior parte degli analisti abbastanza remota. DBRS è sempre stata più clemente nei confronti dei BTP italiani, tant'è che la valutazione parte da BBB high, ossia tre gradini sopra il limite di investment grade. Ci si aspetta più che altro un rinvio a settembre, quando si presume l'emergenza sarà finita o comunque verrà ridotta drasticamente.
Secondo un report di Unicredit il rischio più tangibile è un altro: anche se ci dovesse essere una conferma del rating attuale, entrambe le agenzie potrebbero attuare un monitoraggio da vicino della situazione italiana nei mesi a venire in merito alla sua capacità di reagire alla crisi e di gestire soprattutto il rapporto tra il debito pubblico e il PIL che rischia di non essere più sostenibile. Non solo, probabilmente verrà rimarcato il ruolo chiave della BCE nel contenimento del rischio. E questo inevitabilmente farebbe porre degli interrogativi in merito all'efficacia di una Banca Centrale che rischia, per effetto della sentenza dei giudici tedeschi, di essere spogliata dei suoi poteri. A questo proposito, ieri Christine Lagarde ha sottolineato che la BCE risponde al Parlamento Europeo e non alla Corte tedesca, ma è chiaro che una situazione di tensione di questo tipo, in questo periodo storico particolare, terrà i mercati con il fiato sospeso.
Titoli Stato Italia: incognita investitori esteri con taglio rating
Secondo Unicredit a marzo il debito pubblico italiano era in mano per il 27% a gestori patrimoniali e hedge fund stranieri (non considerando la BCE ovviamente), per una cifra che ammonta a 170 miliardi di euro. Questo fiume di denaro bisognerà capire che direzione prenderà dopo la decisione delle due agenzie di rating. Nel mese di aprile l'esposizione verso il nostro Paese è stata notevolmente ridotta, ma in caso di downgrade ci potrebbe essere uno strong selling fino a 80 miliardi di euro, cioè a dire fino al livello più basso da dicembre 2018. E qui entrerebbe in gioco l'Eurotower, in particolar modo nell'ottica di quanto si farà influenzare realmente dai costituzionalisti tedeschi. Bisogna precisare che sotto le forche caudine è stato messo il PSPP, dal giudizio della Corte di Karslruhe. Mentre il piano anti pandemico di Francoforte, il PEPP, potrà sempre essere utilizzato come ombrello per contenere la tempesta che verosimilmente si abbatterebbe sui nostri bond.
Se l'atteggiamento della BCE sarà di cruciale importanza, non bisogna però mettere in secondo ordine l'appuntamento di oggi dei Ministri delle Finanze che devono mettere a punto l'utilizzo del MES. L'Eurogruppo è investito da un compito altrettanto fondamentale, perché il messaggio che darebbe al mercato sarebbe molto forte nei due sensi, cioè nel caso in cui mostrasse unità d'intenti e qualora facesse emergere l'ennesima spaccatura. Se quest'ultima sciagurata ipotesi prendesse corpo, allora la reazione degli investitori potrebbe essere furente perché a quel punto essi vedrebbero la sola ancora di salvezza in una BCE che rischierebbe di essere debilitata.