Nel nostro incontro mensile abbiamo analizzato in dettaglio la delicata situazione macroeconomica che dovrà gestire la Federal Reserve nei prossimi mesi. Quest’anno la Banca centrale statunitense si troverà ad alzare i tassi di interesse in USA per fronteggiare un’inflazione senza controllo. Mai, negli ultimi 40 anni, i CPI sono stati così alti: tali livelli si vedevano solo negli anni 80.
Ma i rialzi dei tassi a cui assisteremo nel 2022 saranno delle operazioni forzate, resi obbligatori dall’impennata senza precedenti dell'indice dei prezzi al consumo, che trova il suo fondamento in una serie di fattori che hanno poco a che fare con un aumento della domanda aggregata.
Infatti, un conto è alzare i tassi per fronteggiare un’inflazione “demand driven”, un altro è trovarsi a doverli alzare per fronteggiare un’inflazione scaturita da una carenza di personale, da colli di bottiglia nei processi produttivi e rallentamenti dei processi di spedizione a livello mondiale. Sono tutti fattori figli dell’evento pandemico che ad esso rimangono associati e potrebbero perdurare, indipendentemente dall’andamento della domanda aggregata.
USA: crescita economica a rischio
In assenza di spinte inflazionistiche la Fed dovrebbe rimanere accomodante o quanto meno neutrale. Il fatto che questo non accadrà pone l’economia USA a forte rischio. Se l'istituto centrale dovesse trovarsi costretto ad aumentare i tassi di interesse in modo molto aggressivo, potremmo assistere a storni anche significativi dei mercati azionari (15%-20%). L’attuale processo di rotazione sarebbe sostituito da una fase di contrazione dei multipli molto marcata: non sarebbero più giustificati multipli elevati sia per i titoli growth che per quelli value.
Questi ultimi, ora comprati in modo massiccio, potrebbero iniziare a scontare un rallentamento economico indotto da tassi di interesse “troppo elevati ma necessari”. In questo scenario, anche il comparto obbligazionario ne risentirebbe. I portafogli subirebbero oscillazioni al ribasso importanti costringendo molti gestori a ridurre la esposizioni per rientrare nei parametri di rischio concordati con gli investitori.
Fed: cosa serve per scongiurare la stagflazione
In uno scenario di rallentamento della congiuntura cinese, di aumento dell’inflazione e di crescita dei tassi da parte della Fed, affinchè sia scongiurato il rischio di stagflazione sarà necessario che:
- Il Covid sparisca al più presto e l’economia USA continui a crescere a ritmi sostenuti;
- Le spinte inflazionistiche relative al Covid vengano progressivamente meno;
- La Fed riesca a non alzare eccessivamente i tassi di interesse;
- La PBOC riesca effettivamente a stimolare l’economia cinese;
In mancanza di tali condizioni, il rischio che si presenta all’orizzonte è che l’economia USA venga rallentata troppo da una Fed costretta ad alzare i tassi. Nel breve sarà importante vedere cosa ci dirà Powell nella riunione del 26 gennaio.
La Federal Reserve potrebbe essere più accomodante, ma questo non significa che salverà di nuovo i mercati. C'è un detto tra gli investitori: "Don't fight the Fed". E questo vale anche nel caso che il mercato prenda una lunga direzione correttiva.
In linea con l'economista: asset chiave e strumenti analizzati
Nel webinar abbiamo spiegato in dettaglio quali sono i possibili scenari per i mercati azionari. Non sarà un mercato facile, dominato da una altissima volatilità e continue inversioni. I volumi ci indicano come sempre la strada e quindi abbiamo analizzato in dettaglio i livelli chiave long e short da seguire, secondo gli indizi lasciati dalle mani forti su Bitcoin, oro, argento e petrolio. Per il Forex: Dollar Index, euro e sterlina. A seguire gli indici di Borsa più importanti al mondo: S&P 500, DAX, Dow Jones e NASDAQ 100.
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> "In linea con l'Economista" torna giovedì 24 FEBBRAIO alle 19:00. Iscrizioni QUI