Le elezioni turche non hanno soddisfatto i mercati, che hanno reagito male nella seduta successiva al giorno del voto con una perdita dell'indice BIST 100 di oltre il 6%. Il presidente attuale Recep Tayyip Erdogan l'ha spuntata un po' a sorpresa sullo sfidante Kemal Kilicdaroglu ottenendo il 49,34% delle preferenze (45% per il leader dell'opposizione). Tuttavia, il punteggio non è stato sufficiente per confermarsi premier, non avendo superato la soglia del 50%. Fino al 28 maggio, quando si terrà il ballottaggio, l'incertezza è destinata a confermarsi elevata.
I mercati però non sembrano apprezzare un'eventuale rielezione di Erdogan. Oltre il crollo delle azioni, che probabilmente ha scontato questa eventualità, vi è stata l'ennesima debacle della lira turca, che ha aggiornato il minimo storico sul dollaro USA. La politica erdoganiana mirata alla crescita incurante dell'inflazione e della svalutazione monetaria preoccupa gli investitori, soprattutto di matrice straniera.
Se uno zoccolo duro di elettori è ancora fedele alla linea del premier, forte della realizzazione in 20 anni di governo di numerose opere pubbliche, l'imprenditoria turca non apprezza il suo atteggiamento temerario verso le conseguenze economiche di alcune sue scelte. Una vittoria di Erdogan quindi lascerebbe il Paese ancora in un'area non ben definita, con gli effetti a lungo termine del tutto incerti. A meno che il presidente non cambi la sua linea, ma al momento questa eventualità appare di difficile realizzazione.
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Gli investitori però non devono disperarsi, perché anche le situazioni di grande incertezza e volatilità nascondono opportunità. E in tal caso, la Turchia non fa eccezione. Un'opportunità ad esempio è quella avanzata da Blaise Antin, capo della ricerca sovrana di TCW, ossia di acquistare obbligazioni in valuta forte del Paese, il cui rendimento arriva fino al 10%. "Ci sono altri emittenti sovrani single-B che offrono rendimenti più elevati, sebbene non abbiano la forte storia di rimborso della Turchia, rapporti di debito pubblico favorevoli o un'economia diversificata", ha affermato.
Una seconda possibilità sta nella bistrattata lira turca, che potrebbe anche essere per un certo periodo una fonte di profitto. Aaron Hurd, senior currency portfolio manager di State Street Global Advisors, ha riferito che la sua azienda quest'anno ha guadagnato il 15% tramite operazioni di carry trade, a fronte di una perdita sulla valuta del 5%. Antin aggiunge che nel breve termine, una vittoria di Erdogan rafforzerebbe la lira, in quanto il presidente puntellerebbe le banche statali affinché sostengano la valuta. "Il mercato si aspettava di vedere un deprezzamento del 15% durante l'estate, ma ad Erdogan piace l'immagine di stabilità che deriva da una lira meno volatile", afferma Antin.
Una terza possibilità riguarda le azioni. A intermittenza le azioni turche sono salite con il naufragio della lira e l'inflazione incontrollata. Infatti, il valore di mercato nella seconda parte del 2022 è raddoppiato. Il motivo? Gli investitori locali hanno preferito gli assets a rischio per difendere i propri risparmi, mentre l'inflazione erodeva il rendimento netto dei titoli a reddito fisso. In particolare, la debolezza della lira favorisce le imprese che esportano all'estero in quanto i loro prodotti diventano più competitivi. Per fare degli esempi, negli ultimi due anni le azioni del conglomerato industriale Koc Holding sono aumentate di quattro volte, mentre il titolo dell'azienda automobilista Ford Otomotiv Sanayi è triplicato di valore.