Manca meno di un mese alla fatidica riunione della Federal Reserve del 15-16 marzo, considerata da tutti cruciale per capire quali saranno le reali intenzioni della Banca Centrale americana in tema di tassi d'interesse. A detta di molti osservatori, dal prossimo meeting si saprà se i mercati dovranno combattere per tutto il 2022 contro l'istituto monetario che per un decennio è stato il più prezioso alleato, fatta salva qualche parentesi come quella culminata nel 2018 quando vi è stato un ciclo di inasprimento monetario.
Un grande segnale sicuramente si avrà in merito a quanto la Fed alzerà il costo del denaro, se di un quarto di punto o mezzo punto percentuale. Ancora la maggior parte degli analisti pensa che il FOMC procederà con cautela, ma il mercato sta cominciando a scontare che l'istituto guidato da Jerome Powell forzerà la mano e incrementerà il tasso ufficiale di sconto dello 0,5%. Se dovesse realizzarsi questa seconda ipotesi, verrà avvalorata la tesi di coloro che sostengono che a fine anno saranno 7 le strette sui tassi.
Inflazione: 4 motivi per cui si ridurrà
Tutto ciò allarma i mercati perché a quel punto il principale timore è che una Fed particolarmente aggressiva per combattere l'inflazione possa finire per danneggiare l'economia americana, facendola piombare in recessione ora che è in ripresa e si trova a un passo dalla piena occupazione. In verità ci sono delle ragioni che fanno pensare che, nonostante l'austerità della Banca Centrale, non ci sarà una regressione dell'economia a stelle e strisce e tutte confluiscono su un unico parametro, ossia l'inflazione.
In sostanza, la crescita dei prezzi potrebbe essere destinata a rallentare per 4 motivi. Il primo è che non vi sono programmi governativi di aiuti fiscali ulteriori, oltre quelli programmati e che rientrano nel piano Build Back Better, che potrebbero spingere in alto la domanda e quindi generare un rialzo dei prezzi.
Il secondo è che vi sarà una rotazione naturale della domanda dei consumatori dai beni ai servizi, il che significa che la l'aumento dell'inflazione dai servizi sarà più che compensata dalla riduzione dell'inflazione dai beni.
Il terzo riguarda gli investimenti nei semiconduttori e nei materiali che hanno finora causato la carenza degli approvvigionamenti facendo lievitare i prezzi. Tali investimenti contribuiranno ad alzare l'offerta riducendo gli squilibri di mercato.
Infine vi è il fattore pandemia, nel senso che il rallentamento dei contagi grazie alla variante Omicron che è meno aggressiva e a una popolazione più vaccinata farà in modo che i lavoratori tornino in azienda abbandonando lo smart working e incrementando la capacità produttiva dell'azienda stessa.
Alla luce di queste considerazioni, la Fed potrebbe con il tempo realizzare che l'economia non andrebbe forzata con troppi rialzi dei tassi d'interesse, perché il mercato si andrebbe a riequilibrare in via naturale e il tasso d'inflazione scenderebbe lentamente verso gli obiettivi dichiarati. In tutto questo, con un tasso di disoccupazione che si manterrebbe basso o in linea con il target della Banca Centrale statunitense.