La People's Bank of China ha abbassato il costo di finanziamento delle banche per la prima volta dopo 20 mesi, portandolo dal 3,85% al 3,80%. La motivazione è dettata dalla necessità di garantire un sostegno monetario più incisivo all'economia, alla luce dei fatti che stanno interessando il settore immobiliare e del rallentamento della crescita della Cina registrato negli ultimi mesi.
Per quanto riguarda i mutui, il prime rate a 5 anni è rimasto invariato al 4,65%. Questa mossa della Banca Centrale si aggiunge a quella di pochi giorni fa relativa al taglio della riserva obbligatoria delle banche, che ha liberato 188 miliardi di dollari di risorse da iniettare nell'economia.
PBoC: obiettivo rilancio dell'economia
La riduzione del costo del finanziamento ora significa che le banche possono prendere a prestito a condizioni più vantaggiose, favorendo una maggiore flessibilità della politica monetaria in un momento delicato. Questa è una cosa diversa rispetto al tasso di interesse ufficiale, perché si basa sui prestiti di 18 banche ai loro migliori clienti. Il taglio comporta un calo complessivo per 80 miliardi di yuan di quanto le società cinesi debbano pagare sui finanziamenti, a partire dal 2022.
Tutto ciò si inserisce in un quadro dove la PBoC ha promesso la scorsa settimana di alleggerire il peso per le banche e le imprese nell'accesso ai finanziamenti, con lo scopo di rilanciare l'economia. Di conseguenza altre misure potrebbero essere implementate nel prossimo anno qualora l'andamento economico del Paese dovesse mostrare ulteriori segni di rallentamento. Probabilmente le Autorità governative concentreranno il sostegno sugli sviluppatori immobiliari più forti che acquistano progetti di società in situazioni finanziarie critiche.
PBoC e Fed: 2 politiche monetarie divergenti
L'atteggiamento della PBOC sembra in antitesi con quello che sta assumendo la Federal Reserve. La Banca Centrale americana infatti sta inasprendo la sua politica monetaria, dapprima con il raddoppio del tapering da 15 a 30 miliardi di dollari al mese e poi con il ciclo di rialzi dei tassi che presumibilmente inizierà a partire dalla prossima primavera.
Ovviamente ciò è spiegato da un diverso peso che l'inflazione riveste nelle 2 superpotenze mondiali. In Cina i prezzi sono sotto controllo, negli Stati Uniti hanno raggiunto il livello più alto dal 1982. La cosa ha una rilevanza non da poco, perché gli USA non sono ancora usciti completamente dalla crisi pandemica. La stretta della Fed tuttavia appare inevitabile per allontanare il rischio effettivo che si configuri una stagflazione.
Le dinamiche in corso avranno forti implicazioni sul rafforzamento del Dollaro USA rispetto allo Yuan e sul conseguente afflusso di capitali in un Paese o nell'altro. Secondo Helen Qiao, capo economista per la Grande Cina presso BofA Global Research, la divergenza delle politiche monetarie delle 2 Banche centrali significa che si potrebbe iniziare a vedere una certa pressione nei confronti della valuta cinese sul biglietto verde.
Certamente molto dipenderà da quanto veloce sarà il ritmo con cui la Fed decide di stringere sul piano di acquisti dei titoli pubblici e privati, nonché sul costo del denaro. Le attese sono per la fine del tapering a marzo e di 3 aumenti dei tassi nel 2022. Uno sconfinamento rispetto a tali obiettivi potrebbe generare delle alterazioni sui mercati finanziari con lo spostamento dei flussi.
Allo stesso modo sarà importante vedere se la PBoC abbia instradato una posizione di sostegno decisa che si potrarrà nel tempo. A giudizio di Bruce Pang, capo della ricerca macro e strategica presso China Renaissance Securities Hong Kong Ltd, la prossima finestra temporale sarà la fine di gennaio quando l'istituto monetario potrebbe tagliare i tassi ufficiali. Questo dipenderà dallo stato dell'economia cinese fino ad allora. Qi Gao, stratega della Bank of Nova Scotia, ritiene invece che nel breve sarà difficile vedere ulteriori interventi, con il prossimo ribasso dei tassi che potrebbe avvenire verso la prima metà del 2022.