Chi avesse scommesso sul petrolio durante lo shock della scorsa primavera, quando i futures sul greggio sono finiti in territorio negativo, avrebbe realizzato guadagni giganteschi. In quelle condizioni ovviamente non è facile mantenere i nervi saldi, ma i grandi profitti derivano spesso da grandi tragedie.
Oggi l'oro nero viaggia oltre i livelli di 50 dollari al barile, al massimo da 10 mesi. Il recupero è stato dettato da diversi fattori, primo tra tutti il consenso all'interno dell'OPEC di allentare la produzione per equilibrare un mercato dove la domanda era morente.
I contrasti sulle quote sono rimasti e alcuni Paesi membri del Cartello devono essere controllati a vista, però le turbative sulle quotazioni non si sono manifestate più di tanto. Ieri è arrivata poi a sorpresa la mossa da parte dell'Arabia Saudita di tagliare l'output di un milione di barili in più al giorno per i mesi di febbraio e marzo. La decisione è stata dettata dalla paura, diventata ormai quasi certezza, che la pandemia inarrestabile costringerà le attività produttive a nuovi lockdown.
Petrolio: i tagli sauditi un regalo per l'OPEC+
Che effetti avrà la decisione del peso massimo dell'OPEC sui produttori di petrolio? Sicuramente l'Arabia Saudita si è comportata come la mamma di tutti e, riducendo volontariamente la propria offerta, ha posto le condizioni perché gli altri la possano aumentare.
Russia e Kazakistan in testa effettueranno un incremento di 75 mila barili al giorno come nei piani, gli altri quantomeno manterranno stabili le forniture. Si è trattato insomma di un vero e proprio regalo in coda alle feste natalizie, soprattutto perché la situazione generale legata alle infezioni da Covid-19 non promette nulla di buono in relazione al mercato petrolifero.
Ringrazia anche lo scisto statunitense, che ha modo così di guadagnare quote di mercato. Le scorte negli Stati Uniti si stanno costantemente riducendo e, secondo i dati dell'American Petroleum Institute della scorsa settimana, vi è stato uno smaltimento di 1,66 milioni di barili. Questo dato va comunque visto ad ampio raggio, perché bisogna considerare che le scorte di benzina e distillati sono invece aumentate, il che vuol dire che la domanda di carburante è ancora claudicante.
Goldman Sachs: Brent a 65 dollari nel 2021
L'impegno saudita è un cattivo segnale, secondo gli analisti di Goldman Sachs. Esso infatti riflette attese di una domanda più debole per i prossimi mesi. Ancor più se lo si rapporta al fatto che la domanda globale di dicembre ha superato le aspettative. Probabilmente Riad sta cercando di lanciare un messaggio forte perché tutti gli altri componenti del Cartello attuino la stessa politica aumentando gli sforzi.
La banca d'affari americana è convinta anche del fatto che la nuova Amministrazione Biden avrà un atteggiamento meno amichevole, per cui i sauditi hanno pensato di adottare una posizione più conciliante con gli altri produttori mediorientali.
In base a queste considerazioni, gli analisti prevedono un calo della domanda per gennaio e febbraio 2021 di 1 milione di barili al giorno, rispetto a dicembre 2020. I tagli sauditi comunque dovrebbero sostenere i prezzi del greggio che, relativamente al Brent, dovrebbero arrivare entro la fine dell'anno a 65 dollari al barile.