Le quotazioni dell'uranio si sono impennate questa settimana viaggiando nei pressi di 46 dollari per libbra. Ad aver alimentato gli acquisti i disordini in Kazakistan, dove sono scoppiate le proteste in piazza per il rincaro dei prezzi del gas. Gli scontri tra i manifestanti e la polizia, con morti e feriti che si sono registrati in questi giorni, hanno accresciuto le preoccupazioni che la materia prima possa subire carenze di approvvigionamento.
Il Kazakistan infatti è il più grande produttore al mondo di uranio e il suo materiale radioattivo serve per fornire il 40% dei reattori nucleari a livello globale. Kazatromprom, ente controllato dallo Stato che gestisce le miniere di uranio, si può paragonare all' OPEC+ per il petrolio in termini di influenza che esercita nel settore del combustibile nucleare.
Materie prime, uranio: perché i prezzi stanno salendo?
Oggi le società di servizi pubblici consumano 180 milioni di libbre di uranio all'anno, ma solo 125 milioni vengono estratti, mentre per il resto si ricorre a scorte e forniture secondarie. Questo perché non si sono effettuati investimenti in nuovi giacimenti, per via dell'incertezza che il nucleare possa essere una fonte di energia valida nell'ambito della transizione dai combustibili agli elementi non inquinanti.
Adesso però il problema riguarda le tensioni nel Paese al confine tra Russia e Cina, dove Mosca è già entrata con le armi nel territorio kazako e potrebbe intervenire duramente per tentare di ripristinare l'ordine. La situazione è molto delicata perché il Cremlino si trova coinvolto nella questione Ucraina e i rapporti con i partner europei sono alquanto tesi per effetto delle forniture di gas che latitano.
Un problema molto serio, che potrebbe creare colli di bottiglia dal lato dell'offerta di uranio, riguarda le consegne alla Cina. Pechino è il più grande acquirente del materiale nucleare del Kazakistan, con il 50% della domanda complessiva.
Il punto è che l'esportazione del materiale avviene attraverso Almaty, la più importante città del Paese dove si stanno consumando gli scontri. C'è da dire anche che tutto ciò potrebbe essere attenuato dal fatto che il Dragone negli ultimi 10 anni ha accumulato grandi scorte di uranio, che potrebbero coprire il fabbisogno del Paese per altri 12 anni, secondo alcuni esperti.
Materie prime, uranio: quali prospettive per il futuro
L'uranio già nel 2021 era tornato in auge con un balzo delle quotazioni del 30% poiché gli investitori avevano cominciato a puntare sull'energia nucleare, vista la crisi energetica che si è manifestata in moltissimi Paesi. Negli ultimi tempi infatti la materia prima è divenuta sempre più una fonte affidabile di energia a basse emissioni di carbonio nell'immaginario collettivo.
Questo ha spinto alcuni fondi con quello gestito da Sprott Asset Management ad acquistare grandi quantità. Infatti, dal suo lancio in estate, il trust di uranio fisico ha messo in cascina 23,5 milioni di libbre di uranio, producendo una scorta di 1,9 miliardi di dollari. Dopo una breve pausa, adesso ha investito altre 400 mila sterline per accaparrarsi altro materiale, contribuendo a far salire i prezzi.
L'attenzione per l'uranio nel 2022 è in crescita, soprattutto in Europa, la quale - nel suo schema di classificazione energetica - vorrebbe riconoscere quella nucleare come green energy. Se dovesse passare questa impostazione a quel punto potrebbero esserci maggiori investimenti in nuove centrali nucleari, riequilibrando il mercato e frenando un eventuale rally del prezzo dell'uranio ancora più sostenuto.